Un accordo inevitabile

Dalla Rassegna stampa

E lo chiamano inciucio, ma altro non è che un tentativo di compromesso bipartisan sulle riforme. li termine usato da Massimo D`Alema ha lasciato molto a desiderare e proprio su questo modo di dire sono state ricamate varie e malevoli chiavi di lettura. Guarda caso l`ostilità è venuta dall`opposizione in generale e da una corrente, in particolare, dei Pd (interlocutore a cui è rivolta la proposta del patto democratico per le riforme da parte dello stato maggiore dei Pdl). La cosa curiosa di questa polemica al calor bianco è che si stia impiccando Massimo D`Alema all`albero dell`inciucio, mentre il Paese balla su Titanic e c`è il rischio che affondi come il transatlantico inglese se non si avvierà il processo riformatore, auspicato da D`Alema e rilanciato da Tremonti, che ha lanciato segnali di appeasement proprio nei confronti di Bersani e D`Alema, ambedue convinti sostenitori di un confronto alla luce del sole con la maggioranza. In proposito, il segretario ha tenuto a puntualizzare che va. bene il confronto sulle riforme ma ha detto un no chiaro e forte alle leggi ad personam. Sarà proprio il terreno giustizia a misurare la volontà, di una parte e dell`altra, di procedere sulla via delle riforme. Nella fattispecie, tenere il passo dell`alpino è sacrosanto ma bisognerà vedere se le parti in causa, Pdl e Pd, sfidando le avversità interne ed esterne saranno in grado di raggiungere la vetta. La classe politica della Seconda Repubblica non dovrebbero fare la politica dello struzzo e non vedere che le cause che portarono al crollo dell`ancien règime, sono da ascrivere , al fatto che non si vollero fare le riforme a misura del cambiamenti istituzionali, economici e sociali del Paese. Craxi lanciò la Grande riforma ma senza entrare nel merito di come la Costituzione si sarebbe dovuta cambiare, e solo per questo ci fu un sollevamento di scudi da parte della Dc e del Pci. Entrambi i partiti dissero peste e corna contro l`avance del leader socialista, accusandolo di avere mire golliste. Un`accusa che si sente ripetere oggi da parte dei lealisti della Costituzione contro i revisionisti di cui Berlusconi è il numero uno. In questo scontro a lascerei la pelle sarà il Paese, se se si rimanesse al nulla di fatto. Di processo riformatore si è fatto carico D`Alema, consapevole che la situazione non potrà restare immutabile. Per cui ha proposto un accordo chiamandolo, disgraziatamente, inciucio. Stupidamente si è discusso del termine in questione ad libitum, sviando il tema sovrano: le riforme. E comunque siamo alle solite: quando il dito indica la luna, l`imbecille il dito. Ci risiamo, tuttavia. Si riparla di clima nuovo tra maggioranza e Pd ma quest`ultimo si è diviso di brutto, con conseguenze serie per il suo futuro. II dibattito interno sta prendendo una brutta piega, con il rischio che nello scontro tra giacobini e riformisti non vinca alcuno e che il Pd resti paralizzato. Il che è un`ulteriore dimostrazione della sua incapacità di fare politica e di svincolarsi dell`abbraccio mortale di quella compagnia di giro con a capo il gruppo editoriale "Repubblica & Espresso", Antonio Di Pietro, il Fatto quotidiano, Annozero, Mircromega e la corrente giacobina del Pd che in realtà è composta dagli epigoni dei berlinguerismo puro e duro e dagli ex democristiani di pasta "savonaroliana", ossia cattolici fondamentalisti della peggior specie. Pier Luigi Bersani si trova tra le mani la patata bollente dei rapporto con la maggioranza, innanzitutto, con il Presidente del Consiglio. C`è chi, come Massimo D`Alema, apre e chi, come Veltroni, chiude. Un gioco di potere interno ai Pd che si sta replicando a parti invertite, un film già visto. Quando ai vertice della segreteria stava Veltroni questi non veniva risparmiato da continui attacchi dei seguaci del tandem D`Alema-Bersani che lo accusavano di trafficare con la coppia Berlusconi - Gianni Letta. Ora che l`ex sindaco è minoranza la sua componente accusa di "inciuciare", l`attuale maggioranza guidata dal segretario e dall`ex premier. Brutto segno di un tormentone interminabile iniziato dopo le dimissioni di Achille Occhetto da segretario dei Pds. duellanti dunque ritornano in scena e l`unità, malferma, raggiunta con il congresso, si scompone, fatto che, meccanicamente, potrebbe ripercuotesi su tutto il quadro politico italiano, bloccando le tanto invocate riforme. Appena D`Alema ha espresso l`idea di riprendere il confronto sulle riforme, Veltroni si è dimostrato preoccupato che il Pd non ostacoli l`approvazione dei legittimo impedimento per avere in cambio una legge elettorale proporzionale di tipo tedesco. Non è tutto. L`ex ministro degli Esteri è in ballo per la carica di presidente del Copasir, dopo le dimissioni di Ruteili. Peraltro, la maggioranza ha fatto sapere che darebbe il via libera per l`autorevolezza del candidato designato. Molto entusiasta è Giuliano Ferrara, che quando entra in ballo Massimo D`Alema per qualche carica non si tira mai indietro. Lo fu anche nel caso della sua candidatura alla Presidenza della Repubblica. Probabilmente lo fa perché vede in lui l`unico politico di rango in grado di giocare di sponda con Berlusconi. Purché il premier e l`ex premier in un quadro bipartisan trovino la forza per far uscire il Paese dalle secche in cui si trova. Al contrario di Marco Pannella, che teme un revival neo-consociati vista che consegni a D`Alema un potere per `condizionare pesantemente anche i capi dei servizi segreti stessi, controllando e vigilando sui loro indirizzi". Di qui, il clima buonista tra maggioranza di governo e Pd. Che a dire il vero non è tutto rose e fiori. Come disse il saggio: prima provare e poi credere. Nella migliore delle ipotesi.

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