Uffici del Senato, solo 15 euro al metro quadrato

Dalla Rassegna stampa

Il numero del contratto è 002012/12; la data della stipula il 1° marzo del 2003; il conduttore: Senato della Repubblica. Il nuovo capitolo dell'Affittopoli romana si apre così, con uno spazio lasciato libero per la seconda Camera. Dopo stilisti, manager, politici e imprenditori, a comporre lo sconfinato puzzle del patrimonio immobiliare dell'Isma (l'Istituto di Santa Maria in Aquiro) finiscono anche le istituzioni. Non Palazzo Madama, ma la sede di piazza Capranica, a due passi dalla prima, stretta tra Palazzo Chigi e il Pantheon. Qui, nei saloni che un tempo ospitavano il vecchio orfanotrofio di Roma dove un giovane Giulio Andreotti si esercitava da chierichetto, negli ultimi anni sono stati allestiti gli spazi destinati ad ospitare gli uffici dei senatori.
In tutto 2.690 metri quadrati all'interno di uno dei palazzi più belli della Capitale, per i quali lo Stato italiano versa all'Istituto di Santa Maria in Aquiro 39.164 euro al mese, circa 470mila per l'intero anno. Ma la grandezza dei numeri non deve trarre in inganno: il Senato paga 14,5 euro al metro quadro, una cifra segnatamente inferiore alle quotazioni di mercato che nel centro di Roma raggiungono prezzi ben più elevati. Facendo qualche esempio, per un affitto mensile in piazza del Popolo la quotazione è 50 euro a metro quadro; 30 euro quando le finestre dell'immobile affacciano su via Giulia e 35 su piazza Campitelli.
In ogni caso il valore medio riconosciuto è dalle due alle quattro volte superiore a quello che l'Isma richiede al Senato per il contratto stipulato nel 2003 che scadrà il 28 febbraio del 2021 con possibilità di essere rinnovato fino al 2039. Un gioco al ribasso che non si discosta di molto dalla media dei canoni di affitto applicati dall'ente ai suoi conduttori e che collega attraverso un invisibile filo rosso le vicende del singolo e sconosciuto conduttore che paga poche centinaia di euro per un appartamento in centro a quelle della Camera dei senatori.
In realtà, l'intreccio tra l'ex orfanotrofio e l'ente benefico è interessante anche per un'altra ragione, già denunciata da Repubblica nell'ottobre scorso. Affitto a parte, che rappresenta la voce minore, il palazzo di piazza Capranica costerà al Senato nell'arco di dieci anni circa 30 milioni di euro. A questo proposito la delibera 109 del 2 agosto 2005 approvata dal Cipe prevede lavori di consolidamento, redistribuzione interna e restauro di parte del complesso immobiliare. Il costo complessivo, previsto dal Comitato interministeriale per la programmazione economica, è di 20,1 milioni di euro, di cui 16,4 milioni per lavori, oneri della sicurezza e rimborso della progettazione esecutiva, e il resto per somme a disposizione dell'Amministrazione.
Una montagna di denari che rischia di partorire un topolino perché, a lavori ultimati, saranno solo 50 gli uffici messi a disposizione dei senatori. Insomma, secondo un calcolo fatto dal segretario dei Radicali italiani, Mario Staderini, «a fine contratto ogni senatore sarà costato alle casse pubbliche una media di 8mila euro al mese». A muovere i fili dell'operazione nel 2003 era stato il Provveditorato delle Opere pubbliche, allora diretto da Angelo Balducci, mentre i lavori furono affidati all'architetto Angelo Zampolini.
Oggi le inchieste giudiziarie sui grandi appalti hanno cancellato questi nomi dalla scena pubblica, ma molte altre cose sono rimaste uguali: il Senato continua a pagare l'affitto all'Isma e tanti senatori sono ancora orfani dei loro uffici.

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