Ucciso da un cancro al cervello

Quaranta nigeriani si sono presentati ieri pomeriggio all’ospedale «Mazzini» di Teramo, sventolando le fotocopie dell’articolo de «La Stampa» che raccontava della morte misteriosa del loro connazionale, il trentaduenne Uzoma Emeka, avvenuta venerdì, nell’ospedale cittadino, dopo quattro ore di coma in carcere. Reclamavano giustizia. Volevano sapere per quale motivo il «negro», come l’aveva chiamato il comandante delle guardie carcerarie Giuseppe Luzi l’aveva definito, dopo che il giovane nigeriano aveva assistito al pestaggio di un detenuto italiano, incarcerato nel penitenziario di Castrogno, alle porte della città abruzzese.
Volevano sapere se Uzoma fosse morto di «botte». Un dubbio legittimo, dissipato dal professor Giulio Sacchetti, il perito del caso Marta Russo. E i nigeriani, amici, parenti, sodali di Uzoma, sono tornati casa, un po’ frastornati.
Ma non sapevano che, in qualche modo, avevano ragione a chiedere giustizia. «L’autopsia - dichiara l’avvocato Giulio Lazzaro, il difensore dell’extracomunitario- ha rivelato infatti che nel cervello di Uzoma c’era una massa di quattro centimetri. Sicuramente un tumore al cervello». Il giovane nigeriano era detenuto a Castrogno, per spaccio, dal 27 giugno 2008. Ed era entrato in carcere, sostiene Lazzaro, perfettamente sano. Poi, nausee, vomito, svenimenti. «Ci voleva molto - continua l’avvocato aquilano - a fargli una Tac? E’ routine, un procedimento sanitario normale. Perché hanno lasciato Uzoma in queste condizioni?».
Giuseppe Pallini, segretario provinciale del Sap, il sindacato delle guardie carcerarie, tira un sospiro di sollievo. «Meno male che non ci troviamo di fronte ad un altro caso Cucchi. Noi non c’entriamo nulla. Ma bisogna dire che il nigeriano stava davvero male». Insomma, Emeka non è stato curato. Non lo hanno toccato, questo è vero, ma la negligenza (volontaria?) lascia spazio a molti sospetti, denuncia Rita Bernardini dei radicali, mentre il senatore Francesco Ferrante (Pd) sollecita un’indagine amministrativa interna.
Il penitenziario è sovraffollato: 400 carcerati, di cui il cinquanta per cento risulta ammalato, contro i 230 previsti, 155 guardie contro gli oltre 200 che dovevano essere in servizio, secondo la pianta organica di Castrogno.
Il sistema giudiziario è finito nella bufera. E il carcere di Teramo ne è solo una spia. «Perché il giovane nigeriano - si chiede, per esempio, Patrizio Gonnella dell’associazione Antigone- non è stato trasferito in un altro istituto?». Luigi Mancino, presidente dell’analoga associazione «A buon diritto», denuncia che Uzoma si era sentito male, malissimo, anche nei giorni precedenti. Nessuno ha fatto nulla. Il «negro» che il 22 settembre scorso fu testimone oculare di un pestaggio, disse il comandante Giuseppe Luzi a un sottoposto, che registrò la conversazione), è stato lasciato solo.
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