I triumviri al potere non portano bene: il rischio è la guerra

Dalla Rassegna stampa

Sono sempre in tre, come nella canzone di Domenico Modugno, naturalmente sulla strada longa longa di Girgenti. Di solito due non si sopportano e il terzo si arrabatta cercando di fare il paciere. Il triumvirato è un destino che torna nei momenti di crisi e di passaggio, quando il vecchio sta morendo e il nuovo è in ritardo all’appuntamento con la storia. È roba di transizione. È la formula di chi prende tempo.

Questa volta tocca al Carroccio, ora che il Senatùr si mette in disparte, colpito al petto dai conti opachi del tesoriere Belsito. Maroni, Calderoli e Emanuele Del Lago non assomigliano a Cesare, Pompeo e Crasso, e neppure a Ottaviano, Antonio e Lepido. Quella è storia di guerre civili, di una crisi lunga e feroce di una grande repubblica che scivolava inesorabile nell’impero. I tre leghisti non si riconoscerebbero nello spirito patriottico di un altro triumvirato romano, ma di un’altra Roma, quella che caccia il Papa e affida le sue sorti a Armellini, Mazzini e Saffi (che detti così sembrano l’inizio di una formazione di calcio, tipo Zoff Gentile Cabrini...).

No, meglio rimanere con i piedi per terra. Maroni, Calderoli, Del Lago sono specchio di questo tempo. L’ultimo triumvirato di partito è quello del Pdl, con Berlusconi al governo e Verdini, La Russa e Bondi a gestire il partito, con l’obiettivo di far digerire una fusione difficile. La Russa è oltretutto un triumviro di professione, visto che già in An aveva interpretato quel ruolo con Alemanno e Matteoli. Quella volta scherzando disse: «Sembriamo padre, figlio e spirito santo».

Perfino Pannella impose un trio rosa ai radicali. Era il 2006. Formazione: Rita Bernardini, Elisabetta Zamparutti e Maria Antonietta Coscioni. Tutti triumvirati con leader ancora forti, ma occupati altrove. Quello leghista invece non fa supplenza. Ha qualcosa di antico. È il primo passo di una guerra di successione. Chi dei tre farà il paciere? Qualcuno dice: cherchez la femme.
 

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