Tripoli, fossa comune con oltre mille corpi Cnt: «I martiri del '96»

Dalla Rassegna stampa

Il governo di transizione libico ha annunciato ieri di aver scoperto una fossa comune a Tripoli contenente i resti di oltre mille oppositori - tra i 1.270 e i 1.700 secondo fonti diverse - in massima parte provenienti dalla Cirenaica, massacrati dalle forze di sicurezza di Muammar Gheddafi nel 1996 all'interno del carcere di massima sicurezza di Abu Salim. La scintilla della rivolta che ha portato al rovesciamento del regime libico il mese scorso ha avuto origine proprio dalle proteste organizzate il 15 febbraio scorso a Bengasi dai familiari dei detenuti trucidati nella famigerata prigione di Abu Salim, negli ultimi 15 anni diventata simbolo della repressione della dissidenza, è stata più volte oggetto di indagine da parte di organizzazioni per la difesa dei diritti umani che hanno denunciato gravi abusi e torture sistematiche avvenute lì dentro. «Ci sono più di 1.700 martiri che dobbiamo identificare uno ad uno comparando il Dna con quello dei loro familiari», ha detto Osman Abdul Jalil, un medico del Cnt, secondo il quale «ci vorranno forse anni per arrivare alla verità». Secondo il portavoce del Consiglio militare, Khaled Sherif, «sui cadaveri è stato versato acido per cancellare le prove del massacro». Il carcere di Abu Salim è stato liberato il 24 agosto scorso dai ribelli entrati nella capitale libica.

In un video girato dal Cnt si vedono i rivoltosi che liberano i detenuti, che uscendo li abbracciano e inneggiano alla rivolta contro Gheddafi. «Le guardie carcerarie erano fuggite. La prigione era rimasta abbandonata. Con altri abitanti del quartiere ci siamo uniti ai combattenti. Abbiamo spaccato i lucchetti e aperto le porte delle celle. Sono usciti tutti, come un fiume in piena», ricorda nel video un abitante di Abu Salim, il quartiere popolare di Tripoli da cui prende il nome la famigerata prigione. Per anni in Libia il massacro del 1996 è stato negato dal regime, anche se i familiari dei detenuti manifestavano ogni settimana a Bengasi per avere notizie sui loro congiunti. Solo accennare al massacro in pubblico poteva costare l'arresto. Le prime ammissioni risalgono al 2004, quando Saif al Islam, figlio di Gheddafi, informò ufficialmente le famiglie che i loro congiunti erano morti in carcere, senza fornire dettagli. Secondo la dissidenza, si trattò di un vero e proprio massacro. Circa 2.000 persone uccise in un solo giorno. Le forze di sicurezza li radunarono nel cortile del carcere e li falcidiarono con mitragliatrici piazzate sui tetti e granate.

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