Triplice sfida verso il 2013

Dalla Rassegna stampa

Il nodo politico di mezz'estate è triplice e occorre decifrarlo al di là delle dichiarazioni disordinate che si susseguono. Riguardano tre punti ben definiti: primo, la volontà e la capacità delle forze politiche di accettare la sfida europea e quindi di dare continuità alle scelte fatte dal Governo «tecnico». Secondo, il personale destino di Mario Monti, oggi interlocutore privilegiato dei nostri partner, in particolare a Berlino; terzo, l'assetto futuro del sistema, così come verrà plasmato dalla riforma elettorale su cui insiste senza risparmio il presidente della Repubblica.

La continuità con l'operato di Monti è una sfida nella sfida e riguarda sia il centrosinistra sia il centrodestra. Bersani si è irritato per la lettera firmata sul «Corriere della Sera» da quindici parlamentari del Pd cosiddetti «liberal», ma l'iniziativa è tutt'altro che una provocazione. Porre al centro l'«agenda Monti» non equivale ad accettare in modo acritico tutto quello che l'esecutivo sta facendo, significa però riconoscersi in una cornice strategica i cui obiettivi sono restare nell'Unione, salvare l'euro e procedere con le riforme economiche e istituzionali. È stato fatto troppo poco? Può darsi, ma la missione della coalizione che governerà nel 2013 dovrà consistere nel procedere con più determinazione lungo il sentiero indicato da Napolitano e Monti; non certo nell'annacquare il vino dei «tecnici».

In fondo i quindici hanno messo nero su bianco un problema politico che non poteva più essere eluso. L'ambiguità della posizione del Pd è sotto gli occhi di tutti, come è emerso con la vicenda della «spending review». Bersani sarà chiamato nei prossimi tempi, anzi già dall'assemblea del 14 luglio, a un maggiore sforzo di sintesi: un passo inevitabile proprio per dare crescente legittimità alle sue ambizioni di premiership. Del resto, il Pdl dovrà fare i conti anch'esso, e in forme non strumentali, con l'agenda montiana. Non dovrà usarla per mettere i bastoni nelle ruote del Pd, ma per convincersi che la sfida dell'Europa riguarda la destra non meno che la sinistra.

Secondo punto. Il premier ha capito che è meglio tacere circa gli scenari del 2013. Ogni sua frase suscita inquietudine e polemiche e la campagna elettorale (lunghissima) non può ruotare intorno alle prospettive di un Monti-bis. Sappiamo che il prossimo governo dovrà essere politico, formato dai partiti rinvigoriti dal voto. D'altra parte non c'è solo l'«agenda Monti» per restare ancorati al realismo. C'è anche un problema di garanzie da offrire agli europei e alla Germania in primo luogo. E Monti, la persona fisica di Monti, garantisce che certi impegni saranno mantenuti e certi patti rispettati. Sono i nostri partner a riconoscere in lui un garante. La politica italiana, con le sue debolezze un po' provinciali, dovrà accettare anche questo aspetto. Non sarà possibile rinunciarvi, quale che sia la posizione dell'attuale premier nei futuri assetti.

Terzo. A questo punto la stabilità del sistema dipende molto dalla riforma elettorale. Un sistema stabile è forse in grado di rigenerarsi e, come si è detto, le forze politiche spinte da Napolitano hanno la loro ultima occasione. Ovviamente non tutti i modelli elettorali si equivalgono. Sceglierne uno virtuoso richiede un grande senso di responsabilità, nonché il coraggio di guardare per una volta agli interessi generali. È proprio questo che rende pessimisti.

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