Tribune in tv, chi le ha viste? Scoppia il caso del cavillo Rai

Se è vero che la Rai è lo specchio dell’Italia, non c’è molto da meravigliarsi del fatto che anche il cavallo di Viale Mazzini si sia lasciato trascinare dal vento di "cavillopoli" che spira forte nel Paese alle vigilia delle elezioni regionali. Il risultato è che a diciotto giorni dal voto non c’è traccia di quelle tribune politiche in prima serata che nelle intenzioni della Vigilanza dovevano migliorare la qualità del confronto elettorale tra i candidati e ampliare gli spazi di comunicazione. Motivazione ufficiale del black out: il Viminale non avrebbe ancora inviato alla Rai le liste elettorali ufficiali, come ha ribadito ancora ieri il direttore generale Mauro Masi.
Possibile? Colpa di un "cavillo", dei ritardi del Viminale, di una volontà cieca di osservare imperativi di legge o di un atteggiamento "ostruzionistico" che nasce con la cancellazione (decisa dal Cda, ma non prevista dalla Vigilanza) dei talk show dei vari Santoro, Vespa e Floris? Difficile dirlo, ma il sospetto che a qualcuno, a viale Mazzini, faccia quasi piacere mantenere il "silenziatore" sulla comunicazione politica, è confermata anche da alcune scelte di palinsesto. Come quella, reiterata, di sostituire programmi come Ballarò con vetusti documentari sul fascismo, come accaduto anche martedì sera su Raitre, con l’obiettivo più o meno esplicito di lanciare messaggi subliminali ai telespettatori o quantomeno di dimostrare che la rete perde share e spettatori per effetto della mancata messa in onda dei talk show. Tutto intorno, intanto dalle tv private digitali alle reti satellitari - è un pullulare di dibattiti politici, più o meno nel rispetto rigoroso della par condicio.
«Sembra che la Rai stia giocando al tanto peggio, tanto meglio», commenta Marco Beltrandi, il primo a chiedere all’azienda di Stato come sia possibile rimandare ancora l’inizio delle tribune politiche a
causa della mancanza degli elenchi, «mentre le tv private le fanno, non si sa, a questo punto, su quali basi...». Il radicale, proponente della delibera della Vigilanza con cui si chiedeva ai talk show di rispettare la par condicio, sente puzza di boicottaggio: «Prima il Cda ha chiuso i talk show, interpretando la delibera in maniera scorretta, ora tirano fuori la storia delle liste, su cui Maroni dovrebbe a questo punto fare un pronunciamento pubblico. Mi pare che anche la decisione del Tar sull’applicazione della par condicio alle tv private, se anche fosse negativa, non avrebbe alcuna influenza sulla Rai: in ogni caso nel nostro regolamento c’è scritto che le tribune vanno fatte, e siamo già in ritardo di dieci giorni».
Eppure ieri il presidente della Rai, Paolo Garimberti, annuncia per oggi un Cda straordinario nel caso in cui il Tar dovesse bocciare il regolamento sulla par condicio deliberato dall’Agcom per le tv private, che è di fatto un’estensione alle emittenti commerciali di quello approvato dalla Vigilanza per la Rai.
Sul blocco delle tribune politiche cade dalle nuvole il leghista Davide Caparini, segretario della Commissione di Vigilanza: «Mai sentito di questo impedimento derivante dalla mancata comunicazione ufficiale delle liste alla Rai da parte del Viminale: ne parla Masi, verificheremo, ma non vorrei che fosse un tentativo di guadagnare tempo da parte dell’azienda, in una fase di turbolenza derivante dalle contestazione delle liste. Noi in Vigilanza avevamo votato in coscienza immaginando di poter aumentare gli spazi di confronto politico con tribune finalmente non noiose e collocate in fasce di massimo ascolto. Mi pare assurdo che si parta con tanto ritardo, credo sia interesse di tutti parlare di contenuti», conclude il deputato del Carroccio.
Ma la posizione del direttore generale della Rai, Mauro Masi, è categorica: «Da quello che sento dire, la presentazione delle liste è prossimissima e noi siamo pronti a partire ad horas. Non c’è nessuna inadempienza da parte della Rai in questo senso, perché il ministero degli Interni non ha ancora definito le liste. Noi siamo pronti,è già pronto il palinsesto e siamo pronti a partire con un avviso di mezz’ora». Masi, rispondendo alle domande dei componenti la commissione di Vigilanza durante la prosecuzione in Commissione dell’esame della proposta di contratto di servizio tra Rai e ministero, ha anche sollevato mostrandolo ai commissari il palinsesto già predisposto per le tribune. Sollecitato da altre domande, Masi ha anche detto che la situazione complessiva degli ascolti Rai è «più che soddisfacente» e che secondo i dati forniti dalla Sipra la sospensione per un mese dei talk show politici non creerà su base annua un decremento sensibile degli introiti pubblicitari.
Intanto Floris annuncia tribune politiche "itineranti" e la mobilitazione contro la chiusura del talk show prosegue con i iniziative quotidiane: «Questa cosa mi fa sorridere - commenta Giorgio Lainati, del Pdl, vicepresidente della Vigilanza - perché il conduttore aveva tutta la possibilità, nell’ambito di "Ballarò", di organizzare spazi di confronto politico tra i candidati alla presidenza della Regione nel rispetto della par condicio. Ma Garimberti, in Vigilanza, ci rispose che i candidati erano troppi per essere ospitati nei talk show. Oggi non riesco a capire i motivi di questo ritardo nell’avvio delle tribune politiche, che in fin dei conti andrebbero fatte nell’interesse di tutti i partiti».
Lancia uno slogan in stile Madonna (la cantante) il senatore Marcello de Angelis, anch’egli membro della Vigilanza. "Cercasi tribune politiche disperatamente", dice l’esponente del Pdl, secondo cui quel regolamento approvato sulla par condicio ha creato "forti resistenze" all’interno dell’azienda. «C’è un vuoto enorme di comunicazione politica in tv e questo è inaccettabile. Io non se se la motivazione delle liste non date alla Rai sia vera, se è così Maroni provveda subito. Dopo giorni in cui i media sono stati impegnati a raccontare solo di ricorsi giudiziari sulle liste prosegue de Angelis - c’è l’esigenza urgente di vedere faccia a faccia, di parlare di contenuti, di proporre la politica come soluzione di problemi, questo nell’interesse di tutti. Quello che sta accadendo in Rai non è ciò che noi avevamo immaginato e deciso quando abbiamo votato quel regolamento sulla par condicio, proposto peraltro da un esponente della minoranza, che andava nella direzione opposta: quella di garantire spazi maggiori a tutti nel rispetto delle regole».
Si spinge oltre il senatore Alessio Butti, componente del Pdl in Vigilanza, che arriva a ipotizzare un "disegno". «È evidente che se al posto di Ballarò mandano documentari sul fascismo, per dimostrare che l’audience crolla e che oggi c’è la dittatura, vuol dire che la Rai sta subendo le pressioni dei grandi conduttori tv, che cercano di boicottare qualsiasi soluzione alternativa ai talk show. A noi interessava e interessa informare la gente, che ha diritto a decidere nelle urne sulla base del confronto anche in tv. Se viale Mazzini non si muoverà in fretta, prenderemo provvedimenti».
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