Tremonti: subito il ministro per lo Sviluppo

«La politica industriale la fa tutto il governo». Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti interviene al Workshop Ambrosetti sostenendo la necessità di nominare un nuovo ministro dello Sviluppo economico ma precisa anche che questa decisione, da più parti richiesta, alla fine non deve «caricarsi di toni polemici che possono finire per sembrare pretestuosi». «Serve un ministro - ha spiegato il titolare del Tesoro - ma se anche ci fosse, quella che dovrebbe essere la Nrp (National reform program) italiana la dovrebbe fare tutto il governo, tutto il Parlamento, tutto il Paese». E proprio in queste ore si consolida l'ipotesi iniziale di insediare l'attuale viceministro Paolo Romani. «Si dice serva un ministro - ha proseguito Tremonti e naturalmente è necessario un ministro, ma quando c'era si diceva che mancava una politica industriale».
Insomma la teoria del responsabile del Tesoro è di non fare un dramma sui tempi lunghi della nomina alla successione di Scajola ma soprattutto si mostra scettico sulla richiesta - fatta dal mondo imprenditoriale e anche da molti presenti al Forum di Cernobbio - di una politica industriale. «L'ultima volta che è stata fatta davvero una politica industriale negli anni'70 si fecero schede di politica, si decretò maturo il settore della moda e dell'arredamento, questo per dire -ha concluso - della lungimiranza della pianificazione industriale». Semmai, spiega il ministro che ha voluto aperto a tutti il suo intervento (contro la logica delle porte chiuse di Cernobbio) c'è un «drammatico problema di classe dirigente». Giulio Tremonti, che a Villa d'Este è stato sia sabato che domenica, ieri è tornato sulla questione del modello tedesco che il Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, aveva indicato come percorso per la ripresa della crescita. Il ministro, come spesso accade, è andato giù in modo diretto: «Dire che bisogna fare come la Germania è superficiale, è roba da bambini».
Poi ha precisato che in questa sua considerazione non c'è «nessun attacco e nessuna allusione ma semplicemente un richiamo alla realtà e al buon senso».
Il titolare dell'Economia, parlando alla platea di imprenditori e manager, torna sulla sua teoria che per l'Italia «non c'è emergenza autunnale, ma esigenza di cambiare» e «di redigere, in forma politica, il nostro programma di riforma». Il presidente di Confindustria Emma Marcegaglia condivide sostanzialmente con Tremonti «che dopo una prima fase di rigore ora è necessario continuare su questa strada ma anche su quella della produttività e competitività, adesso si tratta di lavorare insieme». «Avete sentito il suo discorso - ha detto la Marcegaglia - abbiamo condiviso che la politica fa la sua parte ma le parti sociali devono lavorare». Ma rilancia anche la necessità di un vero e proprio «patto sociale» per raggiungere questi obiettivi che non sembrano avere un posto d'onore nell'agenda di governo. Il leader degli industriali ha apprezzato soprattutto l'apertura del ministro alle proposte dell'opposizione e delle parti sociali. Un modo concreto di vedere le cose anche perché - questa l'opinione di molti imprenditori presenti - la partita nucleare, per esempio, ha un futuro solo se condivisa da tutti, non avrebbe senso programmare investimenti per 30-40 miliardi di euro e vederli bloccare per un cambio di maggioranza.
La questione tedesca, rilanciata dal leader della Cisl Raffaele Bonanni al Meeting di Rimini e condivisa un po' da tutti (Governatore compreso) è stata al centro di un lungo ragionamento di Tremonti. «Non ci vuole un genio che ci dica che dobbiamo fare come la Germania visto che il nostro Paese ha la seconda manifattura in Europa». «Senza contare che il nostro Pil - continua il ministro - è generato in gran parte da imprese sotto i 100 addetti dove la Germania c'è già». Messa da parte la stizza - «Ci dicono che non facciamo più come l'Inghilterra? E quando mai abbiamo fatto come l'Inghilterra» - Tremonti vola alto e si pone il problema di quale modello economico l'Europa vuole. «Perché c'è il modello export led - afferma - oppure quello Delors cioè opere pubbliche, investimenti pubblici, domanda pubblica fatta anche con emissione di debito». Su quale puntare? Lo stesso ministro mostra cautela: «Difficile, molto difficile capire quello giusto»
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