Tremonti fa il profeta

Dalla Rassegna stampa

Fare il profeta piace a tutti, ma per azzeccarci bisogna essere lungimiranti o almeno fortunati, tranne in un caso: immaginare le polemiche che provocherà il Federalismo nel momento in cui sarà anche
fiscale. Toccare la gente, quindi pure i politici nel portafogli significa indurla a reagire in modo perfino sgangherato. Il Federalismo in sé è quasi niente, una formuletta. Poi però bisogna verificare come lo applichi e che cosa ciò comporta.
Nessuno meglio di Giulio Tremonti, esimio professore e ministro dell’Economia, è in grado di spiegare che accadrà dopo il varo della riforma cui la Lega, Bossi in testa, tiene di più allo scopo di dimostrare
all’elettorato di non aver parlato a vanvera vent’anni. Ieri sera ad Annozero, Santoro, un furbacchione antipatico a molti ma dotato di fiuto per gli argomenti scottanti, ha puntato proprio sul tema caro ai nordisti.
Tremonti (ospite) ha fatto la sua parte e sarà interessante sapere - e lo sapremo presto - se la sua «visione» del Federalismo corrisponderà alla realtà. Intanto si è costatato che ciascun osservatore, tra cui Luca Ricolfi, nutre dubbi e timori. In due parole: la riforma teoricamente può esser risolutiva, se bene articolata, o un pasticcio peggiore del male che dovrebbe curare. Solo un dato è certo: il centralismo così come ha funzionato (male) fino adesso deve essere superato. E un’esigenza correggere la rotta, come si evince anche dall’ultimo episodio riguardante i sindaci del Nord, i quali si sono ridotti a organizzare
clamorose manifestazioni contro i patti di stabilità. Che hanno ucciso i bilanci sani dei comuni virtuosi e hanno, invece, obbligato i comuni scialacquoni a chiudere i rubinetti degli sprechi.
Cos’è successo in sostanza? Chi ha amministrato con oculatezza e si è avanzato del denaro, ora non è autorizzato a investirlo per perfezionare i servizi o creare infrastrutture di pubblica utilità. È assurdo. Come se un cittadino risparmiasse, poniamo, tremila euro l’anno e lo Stato glieli sequestrasse il 31 dicembre. Mentre chi ha amministrato alla carlona (e ciò accade non solo al Sud, ma specialmente al Sud) e ha speso fino all’ultimo centesimo, magari indebitandosi addirittura, se la cava con una tiratina d’ orecchi. Non servono commenti.
I sindaci di provata abilità hanno ragione da vendere. La loro rabbia di fronte a una simile ingiustizia è sacrosanta e noi siamo con loro. Ma al di là delle opinioni sul caso, da questa vicenda si trae una conclusione: i patti di stabilità sono indispensabili per tenere a freno gli amministratori che vanno a ruota libera e sfondano le casse pubbliche, ma sono una iattura per quelli che, viceversa, si comportano correttamente.
Ricapitolando. Una legge approvata a Roma se è buona, mettiamo, per Napoli non lo è affatto, chessò, per Brescia. Di qui la necessità di non considerare omogeneo un Paese che omogeneo non è. E il Federalismo potrebbe essere un efficace rimedio. Ma ci sono tanti ma, e tanti interrogativi cui non si
riuscirà a rispondere finché la nascitura riforma non sarà nella culla.

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