Tremonti alla Camera: non siamo immobilisti. Bersani: parole, serve subito un grande piano

Dalla Rassegna stampa

Bersani, Di Pietro e Casini mettono il governo alla sbarra per la conduzione della politica economica. Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti si difende: «Non siamo immobilisti, abbiamo evitato il collasso dei conti e il disordine sociale». In un'aula di Montecitorio con i nervi a fior di pelle si sono discusse ieri le mozioni delle opposizioni sulla crisi (ma anche le due della maggioranza che alla fine hanno naturalmente prevalso nella votazione): l'iniziativa è stata del Pd che, dopo mesi di polemiche, è riuscito a trascinare il ministro dell'Economia in Parlamento e far affacciare persino Berlusconi (proprio nel momento in cui Di Pietro lo definiva più volte «latitante»).
Al centro del lungo dibattito l'economia dopo circa due anni di gestione da parte del centrodestra. Tremonti ha tentato di difendersi dalle accuse e ha elencato due leggi Finanziarie, 12 decreti, oltre ad una serie di provvedimenti, dalle banche, al taglio dell'Ici, al finanziamento della cassa integrazione, alla detassazione degli straordinari: «Almeno una cosa giusta l'avremo fatta!».
Ma il leader del Pd Bersani non ci sta e dai banchi dell'opposizione incalza: «Dall'elenco ha dimenticatole vere quattro o cinque cose grosse: il maxicondono per gli evasori, i 2 miliardi all'Alitalia, la perdita di 20 miliardi di gettito Iva, l'aumento della spesa corrente di 12 miliardi, i tagli alla scuola e agli investimenti».
I dati sono sul tavolo aparlare: il Pil nel 2009 è sceso del 5 per cento (e un deputato calcola che in termini assoluti sono andati in fumo 65 miliardi), la disoccupazione è a 19 per cento. Tremonti si difende: ammette che la situazione è«complessae critica», che «non esistono formule magiche» e che il paese «non si può governare con il piccolo chimico».
Non si appella all'ottimismo, come aveva fatto Berlusconi la settimana scorsa, ma parla di «equilibrio e responsabilità»: «La velocità di crescita del deficit e del debito italiano sono per la prima volta dopo molti anni inferiori alla media europea», rivendica il ministro e sottolinea che in Italia «non si è persa la coesione sociale». Tabacci del gruppo rutelliano gli ricorda subito che «la Grecia non è poi così distante». «Dal governo solo spot», taglia corto Casini.
A tratti Tremonti sembra cercare il dialogo con l'opposizione: annuncia una sessioneparlamentare sull'evasione fiscale, assicura che il sistema previdenziale italiano è tra i più stabili di Europa. Cita Prodi e Epifani, rilancia l'idea di una riforma fiscale e assicura di volerla discutere con «parti sociali e opposizioni».
«Lei è un pittore astrattista», lo accusa Di Pietro. E l'idea di un paese assai provato e che raschia il fondo del barile si materializza nell'aula di Montecitorio. «Siete venuti a mani vuote: bisogna aprire 3 mila cantieri nei Comuni italiani. Ci vuole un piano anticrisi, non solo chiacchiere», denuncia Bersani. Ma Tremonti tiene stretti cordoni della borsa rischiando di soffocare il paese e
parla di «avventurismo deficista e di effetti devastanti». Per il titolare di Via Venti Settembre c'è
ancora il tempo per nuovi annunci e rassicurazioni: «Nessuna patrimoniale su casa e risparmio», è pronto il piano di social housing (50 mila alloggi in cinque anni) e oggi parte il Fondo italiano per le piccole e medie imprese.
 

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