I tre tenori della par condicio

Dalla Rassegna stampa

 

Giovanni Floris, Bruno Vespa e Michele Santoro. Ovvero? I tre tenori della "par condicio". Già, ci mancava pure questa farsa in questa campagna elettorale avvilente tra irregolarità, leggi trappola, falsi, ricorsi legali e vizi procedurali e soprattutto totale assenza in video di un qualsivoglia dibattito politico. E a dare il colpo di grazia al tutto ci ha pensato il cda Rai che, per non sapere né leggere né scrivere (ma sicuramente far di conto invece sì) pochi giorni fa ha deciso di tagliare la testa al toro sulla querelle del regolamento attuativo vergato dal radicale Marco Beltrandi sulla par condicio per queste regionali semplicemente abolendo ogni talk show.
E ha motivato ciò con la seguente scusa: è vero che potrebbero essere fatti confronti nel corso dei programmi di approfondimento come dice lo stesso regolamento ed è vero che i conduttori potrebbero regolarli esattamente come fanno già negli Usa da una trentina d’anni tutti quelli che hanno un talk show. E’ vero purtroppo anche però che giornalisti televisivi come Vespa, Santoro e Floris (possiamo cambiare anche l’ordine dei fattori tanto il prodotto non cambia) con il proprio protagonismo narcisista potrebbero influire negativamente sull’esito del dibattito. Ergo? Per paura di questa nefasta influenza non si fa il dibattito. Punto. E fino al giorno delle elezioni si parla d’altro. A meno di non volersi appassionare alle tribune elettorali delle 9 e 30 del mattino. Sebbene questa linea sia pretestuosa da parte della Rai, è sicuramente innegabile che il problema esista.
"I tre tenori" di cui sopra infatti, per protagonismo, prosopopea e pretese economiche, assomigliano tremendamente ai tre ex "insopportabili" Jose Carreras, Placido Domingo e Luciano Pavarotti. E come loro fanno anche le tournée itineranti.
L’ultima lo scorso 4 marzo alla sede della stampa estera di via dell’Umiltà. Dall’alto dei loro due o tre milioni di euro a stagione guadagnati con l’audience, per la quale non lesinano di certo effetti speciali, demagogia e quant’altro, i tre tenori mediatici si sono lamentati del fatto di non potere invitare a piacimento anche 36 volte di seguito in trasmissione sempre lo stesso politico. Perché, sia ben chiaro, i salotti televisivi sono di loro proprietà, non è mica la Rai che glieli da in affitto. Loro portano sponsor e quindi possono fare come gli pare. Ed è curioso che poi osino lamentarsi di chi come il Cav traduce questo stesso modo di pensare in politica: io porto il consenso (e il compenso) e faccio un po’ come mi pare. Per farla breve, "i tre tenori" che con le loro piazzate preventive contro un regolamento, che al momento di azzannarlo neanche era stato letto da nessuno di loro, hanno di fatto determinato la salomonica e paracula soluzione dell’attuale cda Rai. Soluzione che assomiglia un po’ a quel cartello che ai tempi di Mussolini stava in bella evidenza nelle sale gioco: "qui non si parla di politica."
Rispetto all’incontro presso la sede romana della Stampa Estera, le agenzie ci informavano che "i conduttori sono stati ascoltati separatamente da giornalisti di testate inglesi, americane, francesi, tedesche, olandesi, irlandesi e dell’Est europeo." Naturalmente le recite cantate, anche dei semplici
"lieder", non possono essere fatte senza l’accompagnamento di un’orchestra. E a fornire il dovuto supporto ci pensa da settimane quella della Fnsi (sia pure un bel po’ scalcinata, specie "de ‘sti tempi") con il suo segretario-direttore Roberto Natale, onnipresente in video dalla Annunziata, come da Floris, per annuire alle accuse scagliate dai tre tenori di cui sopra e per lanciare a propria volta strali contro interlocutori per lo più assenti.
Come lo stesso Beltrandi che in più di un’occasione non ha potuto difendersi nel merito su questo benedetto regolamento della par condicio. Anche oggi l’orchestra un po’ stonata della Fnsi sarà presente, stavolta a viale Mazzini, per "presentare il testo e le ragioni dell’esposto che il sindacato dei giornalisti ha presentato all’Agcom relativamente al forte disappunto e preoccupazione dei giornalisti circa la decisione, presa a maggioranza dal cda Rai, di sospendere - per tutta la campagna elettorale - gli approfondimenti
informativi e gli stessi talk show creando un pericoloso vulnus informativo ed un formidabile danno economico per mancati introiti pubblicitari".
È tutto vero, intendiamoci, che quella decisione dei cda Rai sia stata tanto draconiana quanto assurda.
Ma l’orchestra della Fnsi, il coro dell’Usigrai e "i tre tenori" di cui sopra non possono permettersi di dimenticare a casa l’onestà intellettuale in base alla quale dovrebbero ammettere che chi, come
loro, è stato "causa del proprio male", adesso è giusto che "pianga sé stesso".
Mutatis mutandis, a pensarci bene, anche loro si sono buggerati da soli tentando di scavalcare la commissione di vigilanza e di mettere il Pd contro il radicale Beltrandi. Esattamente come i manovratori delle liste del Pdl nel Lazio si sono auto esclusi per avere litigato sui nomi fino all’ultimo momento.
 

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