Le tre gravi colpe di Atene e quelle di un'Europa distratta

Dalla Rassegna stampa

 

Paradossalmente non hanno tutti i torti, i lavoratori e i contribuenti greci che sfilano nelle piazze di Atene contro Berlino e l’Europa che pretendono lacrime e sangue. L’esplosione della crisi ellenica viene da un lento e progressivo aggravarsi di squilibri dell’economia nazionale prima e dei suoi conti pubblici poi. Una china che da quando la Grecia entrò 29 anni fa nell’Unione europea, sette anni dopo la caduta del regime dei colonnelli, l’Europa ha contribuito purtroppo ad alimentare.
I contributi europei all’autolesionismo greco sono stati almeno tre. L’insuccesso clamoroso degli aiuti strutturali. Un lasso d’interesse troppo basso rispetto a quello "naturale", per l’economia greca. Infine, la clamorosa cecità di fronte alle truffe contabili. Andiamo per ordine.
Il primo pacchetto di salvataggio europeo ad Atene data all’autunno inverno 1984-85. Era il padre dell’attuale primo ministro greco George Papandreou, Andreas, anch’egli socialista ed ex economista negli Stati Uniti ma assai più populista e incendiario del figlio, che è di madre americana e cresciuto tra Canada e USA, a promettere allora a Bruxelles che in cambio di un sostanzioso aumento degli aiuti strutturali europei a quello che era allora il più povero tra i Paesi dell’Unione, si sarebbe equilibrata l’economia nazionale. C’erano almeno tre difetti di fondo: basso risparmio nazionale; elevato deficit delle partite correnti e dunque eccessiva dipendenza da flussi di capitale estero; bassissima produttività e valore aggiunto, per via di una manifattura tradizionalmente debole e di servizi pubblici inefficienti.
In un trentennio, il totale degli aiuti europei alla Grecia ha abbondantemente superato la consistenza del suo attuale debito pubblico che veleggia sui 300 miliardi di euro, il 4,8 %%o del totale del debito pubblico
dell’euroarea mentre la Grecia pesa solo per il 2,5% del prodotto aggregato lordo dell’eurozona. Nessuno dei tre problemi di fondo dell’economia greca è stato risolto dal contributo europeo. Anzi, si sono incoraggiati i governi conservatori - imperniati sulla famiglia Karamanlis - e quelli socialisti della famiglia Papandreou - a far peggio. Con l’ingresso nell’euro è venuta la manna di un tasso d’interesse comune europeo di molti punti più basso di quello "naturale", per l’economia greca. L’effetto sono stati alcuni anni recenti di tassi di crescita tumultuosa, fino a ritmi del 5 e persino del 7% annuo. Quando il tasso d’interesse è significativamente più basso di quello di crescita reale di un’economia, ci si può indebitare della differenza in apparenza lasciando invariato il rapporto tra debito e Pil. Con tre risultati disastrosi. Aumenti salariali ingenti ai dipendenti pubblici, quasi un terzo degli occupati. Una bolla immobiliare che ha contributo a peggiorare ulteriormente la qualità degli attivi patrimoniali bancari, e ha allontanato il risparmio nazionale e i capitali esteri da impieghi produttivi, alla ricerca di ben più elevata redditività a breve. Infine, non facendo decollare industria e servizi capaci di sostenere la bilancia commerciale con export ad alto valore aggiunto, la produttività è rimasta piatta.
A tutto ciò si è aggiunta infine la cecità della Commissione europea e di Eurostat a fronte della contabilità nazionale greca, con truffe maccheroniche nell’ordine di 10 puliti di Pil di deficit nascosto. Tra la vittoria dell’attuale governo socialista, ottobre2009, e l’accertamento del deficit greco, sono trascorsi la bellezza di 5 mesi. Mentre la Grecia era già arrivata tra 2008 e 2009 ad assorbire l’8% - 4 volte il peso relativo del Paese - dei finanziarnenti straordinari garantiti dalla BCE ai sistemi finanziari dell’eurozona.
E quando già la Grecia pagava di soli interessi Derarnno ai titolari tedeschidi proprio debito pubblico più di
quanto oggi la Germania stenti a stanziare per impedire il default greco.
Difficile ormai dire se la Grecia ce la farà per davvero. Ridurre strutturalmente di 10 punti in 3 anni il suo deficit pubblico sul prodotto interno significherà comunque che il suo debito pubblico salirà nel frattempo al 153% del Pil. Ma una cosa è sicura. L’Europa non è incolpevole, del guaio che sé abbattuto sui greci, ma anche su tutti noi.

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