Il trattato capestro che ci lega al raìs

Un Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione con la Libia molto impegnativo, la cui responsabilità politica ricade su tutti i partiti che lo ratificarono nel 2009 (maggioranza e Pd a favore; IdV, Udc e radicali contro): l'Italia non riesce ad avere un ruolo attivo in questa fase confusa e drammatica di proteste e fermenti, violenze e repressione. E l'amicizia tra il premier Berlusconi e il colonnello Gheddafi quasi la paralizza. Il Trattato ha una disposizione, l'articolo 6, che chiede alle parti ad agire in conformità ai diritti dell'uomo. Dunque, sollecitare il leader libico a rispettare l'impegno non sarebbe, da parte del presidente del Consiglio, né ingerenza né disturbo, ma un richiamo ai patti.
Firmato a Bengasi il 30 agosto 2008, ratificato dal Senato in via definitiva il 3 febbraio 2009, il Trattato consta di un preambolo, di tre capitoli - principi generali, chiusura dei contenziosi del passato e nuovo partenariato bilaterale - e di 23 articoli che comportano oneri non indifferenti per l'Italia. In questa situazione, poi, l'attuazione di alcune disposizioni appare particolarmente delicata. Un esempio: l'articolo 20 riguarda la collaborazione nel settore della Difesa e prevede "lo scambio di missioni di esperti, istruttori e tecnici e quello di informazioni militari, nonché l'espletamento di manovre congiunte". E ancora "un forte ed ampio partenariato industriale nel settore della difesa e delle industrie militari". Passaggi oggi scivolosi, con il rischio che armi o tecniche italiane siano utilizzate per reprimere con la forza le proteste. Senza dimenticare l'imbarazzo già provocato dalla presenza di finanzieri a bordo di una motovedetta ceduta dall'Italia alla Libia nell'ambito dell'accordo, là dove si parla di lotta contro l'immigrazione clandestina, che inseguì un pescherecchio siciliano e gli sparò addosso. E si noti che l'articolo 19, proprio quello della lotta all'immigrazione clandestina, prevede che tutta l'operazione avvenga a costo zero per la Libia: il 50% lo paga l'Italia e il 50% dovrebbe pagarlo l'Ue. Ma tutto l'impianto di questo Trattato è a rischio, nella situazione d'incertezza e violenza attuale: il partenariato può funzionare solo in un contesto economico e sociale normale. E certo non è pensabile che il contenzioso sui debiti non pagati faccia progressi in questi frangenti: sono in ballo 620milioni di euro. Il problema di fondo è che l'Italia non è riuscita a fare fruttare in influenza su Tripoli tutto il peso del Trattato e di rapporti economici e commerciali intensissimi: l'Italia, per la Libia, e il primo partner economico e il terzo investitore europeo ed è presente nel Paese con oltre cento aziende. Invece che influenza, l'Italia sembra avere sviluppato sudditanza nei confronti del colonnello e del suo regime.
Infatti ieri a Bruxelles la posizione sostenuta dal ministro Frattini preoccupato di tutelare "l'integrità territoriale" della Libia, è stata percepita in termini diplomatici come più "articolato" rispetto a quella molto dura di marca britannica e tedesca. L'ansia dell'integrità non può nascere solo dalle difficoltà che la riconduzione del Trattato comporterebbe in caso di nascita di due Stati, modellati su Tripolitania e Cirenaica. C'è anche il timore della "bomba immigrazione", che Frattini non minimizza di sicuro di fronte ai colleghi. Paventa flussi "epocali" e "inimmaginabili" e ipotizza "centinaia di migliaia di persone" in fuga dalle coste libiche, perché lì "siamo sull'orlo di una guerra civile". Ma alla fine, l'Italia accetta e fa propria la formula europea, che condanna le violenze, da qualsiasi parte vengano, e sollecita "un dialogo nazionale di riconciliazione". E ora, dopo che l'Ue ne condanna le violenze, Gheddafi può ancora essere l'interlocutore privilegiato del governo italiano? La sorte del leader libico non sarà decisa né dall'Italia né dall'Europa, non siamo noi a dire chi deve restare e chi se ne deve andare, non lo abbiamo fatto con Mubarak e non cominceremo a farlo ora". È vero, siamo fuori tempo: a tenere le distanze dal Colonnello dovevamo pensarci, americani ed europei insieme, otto anni fa, quando lo "sdoganammo" in cambio d'una minestra di lenticchie.
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