"Trattativa" Mannino e la Dc

Stavolta l'accusa non è di "concorso" con la mafia, perché da quella è stato definitivamente assolto dopo un processo durato dieci anni.
Ora Calogero Mannino si trova indagato dalla stessa Procura di Palermo per il reato di «violenza o minaccia contro un corpo amministrativo o giudiziario dello Stato». Ci si sposta sul nuovo filone della "trattativa" nato dalle deposizioni di Massimo Ciancimino. Mannino avrebbe fatto pressioni per attenuare le misure antimafia sentendosi minacciato da "cosa nostra". Si parla di una testimonianza in merito di un ufficiale dei carabinieri, ma la faccenda riporta all'attenzione una lunga lettera anonima inviata a molti giornali dopo la strage di Capaci.
C'era già tutta la storia del "papello" di Riina e della trattativa. E il protagonista era proprio Mannino che incontrava, nel racconto dell'anonimo, il capo dei capi nella sagrestia della chiesa di San Giuseppe Iato, il paese dei Brusca. Solo che all'epoca l'indagine su chi avesse scritto quella lettera non portò a nulla. E, al contrario di altre lettere anonime, cadde nel dimenticatoio. Mannino - che all'epoca era il segretario siciliano della Dc "rinnovata", voluto da De Mita e Luca Orlando - dopo quell'anonima si chiuse in casa e non ne uscì per lungo tempo, interpretandola come una serissima minaccia.
Oggi l'imputazione fa giustamente discutere, ma forse l'ex ministro farebbe bene a raccontare una volta per tutte cosa davvero successe nella Dc siciliana dopo la strage di Capaci.
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