La transizione infinita della Repubblica

E se la cosiddetta Seconda Repubblica fosse terminata nel 2008? La domanda ha un suo senso logico e politico che non può essere sottaciuto. Bisognerebbe, allora, tentare di approfondire la questione senza farsi prendere da facili liquidazioni di maniera. La risposta; invece, se ricercata con obiettività, potrebbe aprire riflessioni non banali e, per molti aspetti, tale ricerca diventerebbe di certo una lettura stimolante per provare a capire con maggiore chiarezza le vicende politiche di questi giorni e di quelli futuri.
Si, la Seconda Repubblica è finita nel 2008. È una tesi di cui sono convinto da tempo e che ho ripetuto, ribadito, scritto e spiegato più volte, in occasioni pubbliche e private, in alcuni articoli e anche in un libro. La Seconda Repubblica, iniziata nel 1979, è entrata in crisi oltre due anni fa con la caduta del governo Prodi, che possiamo considerare come l'ultimo governo di una fase politica durata trent'anni. Anzi, quella fase che, nel bene e nel male, ha raggiunto il suo culmine nel 2007, con la nascita del Partito Democratico, è terminata l'anno successivo proprio con la caduta del governo Prodi. Ma tra le macerie e sotto il crollo della Seconda Repubblica, forse perché spinti dalla fretta di ritornare al voto, sono inesorabilmente rimasti coinvolti e intrappolati, con le loro gravi responsabilità, anche gli uomini e i partiti del centrodestra.
Quello che sta accadendo oggi è semplicemente la conseguenza di quel crollo, già avvenuto. Siamo ormai oltre. Siamo nel 2010. Mentre molti politici sembrano o fingono di non accorgersene. Intorno non ci sono che macerie. E ritornano così alla mente le parole di Pier Paolo Pasolini, scritte a metà degli anni settanta, su lettere luterane: "L'Italia di oggi è distrutta esattamente come l'Italia del 1945. Anzi, certamente la distruzione è ancora più grave, perché non ci troviamo tra macerie, sia pur strazianti, di case e monumenti, ma tra macerie di 'valori". Sono le macerie dello Stato di diritto, della legalità, della Costituzione. E tutto ciò è successo e continua a succedere ancora perché si innesta lungo il solco tracciato dalla "transizione infinita", che va avanti e prosegue come Gabriele De Rosa aveva saputo raccontarci in un suo celebre libro di qualche anno fa. Insomma, se finalmente qualcuno cogliesse l'importanza di questa interpretazione, si comprenderebbe anche meglio il momento politico che stiamo vivendo.
Non a caso, Marco Pannella definisce la nostra storia repubblicana come "il Sessantennio partitocratico" e lo descrive, insieme ai Radicali, guardando nei dettagli, denunciando l'illegalità compiuta, i metodi illiberali, l'ormai sessantennale sistema anti-democratico e contro lo Stato di diritto. E' un'analisi, quella di Pannella, che potrebbe apparire eccessiva, ma andrebbe comunque approfondita perché mostra concretamente, lungo il corso del tempo, cioè lungo la storia di questi ultimi sessant'anni, il conflitto politico tra la spinta riformatrice liberale e la reazione conservatrice, non-democratica e soffocante del Potere. E' la Peste italiana. Insomma, tutti coloro che aspettano la fine della Seconda repubblica, legandola e personificandola con Silvio Berlusconi, in realtà, non si sono accorti o non vogliono ammettere che quella fase politica è finita con la fine del governo Prodi.
Oppure, e la cosa sarebbe ancor più grave, la vecchia classe dirigente della Seconda repubblica lo ha capito benissimo e, invece di andare avanti e di guardare al futuro, sta lavorando per ritornare indietro di trent'anni: ritornare al 1978, al governo di solidarietà nazionale, al compromesso storico, alla legge elettorale proporzionale. Invece che lottare, come farebbe qualsiasi liberale e riformatore, per una legge uninominale e maggioritaria, con collegi piccoli, come ci ha insegnato e ha ripetuto sempre Luigi Einaudi: proporzionale, la quale manda in Parlamento macchine da voto, ma il Collegio piccolo, che manda un uomo invece di una macchina, scelto per la stima che si ha di lui. Costoro decideranno quali siano le idee meritevoli della vittoria". Quindi, per concludere il ragionamento, che andrebbe senz'altro approfondito con più tempo e spazio, si potrebbe dire che, al di là del voto referendario del 2 giugno 1946, tra Repubblica e Monarchia, la storia dell'Italia repubblicana sia in realtà cominciata il 1 ° gennaio 1948 e con le successive elezioni del 18 aprile dello stesso anno, cioè con il giorno della promulgazione della nostra Carta costituzionale e con le prime consultazioni elettorali per il nuovo Parlamento della Repubblica. Da quel momento, la partitocrazia italiana, o come la si vuoi chiamare, ha avuto un graduale ma sempre più enorme dominio dentro il Palazzo. A quell'ormai lontano 1948, seguirono, quindi, i primi trent'anni di questo sessantennio partitocratico, cioè un periodo della nostra storia repubblicana che potremmo definire come la Prima Repubblica. Una Prima Repubblica iniziata nel 1948 e terminata nel 1978 con la morte di Aldo Moro. Eppure proseguita, attraverso il ciclo politico della transizione infinita, fino ai nostri giorni. Fino ad oggi. Temo che ci vorrà del tempo prima che questo clima cambi. Devono cambiare tante cose...
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