Tra Monti e Bersani ora c'è il cuneo del Montepaschi

Dalla Rassegna stampa

La distanza tra Mario Monti e il Partito democratico si è allargata più del previsto, e appare quasi incolmabile se si prende per buona l'adesione del centrosinistra al piano economico della Cgil, considerata da Monti una delle principali forze ostili alle riforme necessarie, e l'imputazione, da parte di Monti, al Partito democratico di una responsabilità primaria nella vicenda del Monte dei paschi. L'inattesa apertura di Monti a un eventuale accordo con il Popolo della libertà (ma non con Silvio Berlusconi) è un corollario inevitabile di questa svolta, perché ovviamente i centristi, nel momento in cui Pierluigi Bersani esclude di abbandonare Nichi Vendola e la Cgil per trovare un'intesa con loro, debbono avanzare, seppure in modo confuso e un po' provocatorio, un'ipotesi di alleanze alternative. Probabilmente lo scopo che si prefiggono, sia i centristi sia la sinistra, è quello di sottolineare le loro differenze per conquistare consensi, evitando di lasciare al centrodestra la bandiera dell'opposizione al «governo delle tasse» e, rispettivamente, alle liste di protesta grilline e giustizialiste la denuncia della subalternità della politica alla finanza e alle banche. Non è detto, però, che queste manovre riescano: potrebbero diventare addirittura controproducenti, soprattutto se si dovesse accentuare la polemica su un tasto, quello che ha assunto un rilievo centrale per effetto dello scandalo Monte dei paschi, che suona falso, seppure per ragioni diverse, sia per i centristi sia per il Partito democratico. In realtà il sistema di potere senese, che ha radici addirittura medioevali, si è retto su una sostanziale intesa tra comunisti e sinistra cattolica, l'intesa che ha retto finché la centralità apparteneva alla banca e che si è rotta dopo che le due componenti storiche si sono fuse nello stesso partito, quando la politica ha preteso di recuperare la propria autonomia eleggendo sindaco un funzionario di partito e non come sempre un funzionario della banca. Sostenere che il Pd non c'entra con le vicende senesi è ridicolo, mentre spiegare come si è sviluppata la contesa tra ala bancocentrica e ala politica può essere pericoloso, ma forse sarebbe il modo più serio di rispondere in termini di verità anche scomode a interrogativi che altrimenti potrebbero diventare imbarazzanti anche sul piano elettorale.

 

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