Tra i duellanti è scattata l’ora dei colpi bassi

Dalla Rassegna stampa

Nelle primarie del Pd è l’ora dei colpi bassi tra i due candidati in corsa verso il ballottaggio di domenica. Il fair play del primo faccia a faccia, quello con tutti e cinque i concorrenti del primo turno, dovrebbe essere archiviato stasera, quando Bersani e Renzi si affronteranno su Rai1 alle 21,10, davanti a una platea prevedibilmente più vasta dei tre milioni di elettori di tre giorni fa. Un dibattito che per forza di cose non potrà limitarsi al tema della rottamazione, che ha tenuto campo in gran parte della campagna per il voto del 25 novembre. Ma dovrà essere allargato ai prossimi programmi di governo dei due candidati, costringendo così Bersani e Renzi a scoprire tutte le loro carte.

 

Renzi preme per un allargamento delle regole che mirano a evitare grandi scostamenti tra gli elettori del primo e secondo turno. E già ieri sera, a Porta a porta, ha attaccato Bersani sostenendo che Equitalia, realizzata dal governo Berlusconi, fu in realtà concepita quando il segretario era al governo con Prodi e Visco. Ma Bersani, forte dei suoi nove punti di vantaggio sullo sfidante, finora s’è mostrato molto sicuro di sé e ha detto che non scommetterebbe un centesimo su un’eventuale rimonta dell’avversario.

 

Anche i sondaggisti, al lavoro già all’indomani del primo risultato, la considerano molto difficile. L’elettorato s’è già riposizionato per il ballottaggio e solo un 8 per cento dichiara di essere ancora indeciso. Il sindaco di Firenze, stando ai primi polls, difficilmente riuscirebbe a portare dalla sua parte più del 2 per cento degli elettori di Bersani. Potrebbe forse intercettare fino a una metà dei voti andati a Vendola, ma non basterebbero a portarlo al primo posto. La sua speranza resta legata a una fortissima crescita dell’affluenza, che non è affatto da escludere, dato che la sfida a due attira molto di più di quella a cinque e il faccia a faccia televisivo di stasera eserciterà un forte richiamo per tutti quei sostenitori dell’uno e dell’altro che domenica scorsa non sono andati a votare.

 

Sia Bersani che Renzi continuano ad escludere un compromesso a due dopo il voto, basato sul fatto che il partito, fino a prima delle primarie diviso tra un’infinità di correnti, da lunedì 3 dicembre avrà soltanto un leader e un capo della minoranza che peserà quasi metà del Pd. Ma si sa, in questa fase non possono dire altro. Ed è davvero difficile credere che dopo aver messo su un putiferio come questo, Matteo Renzi, in caso di sconfitta, se ne torni a Firenze.

 

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