Torna il rischio del voto

Dalla Rassegna stampa

Il rinvio, chiesto da Pdl e Lega, della discussione sulla nuova legge per la cittadinanza agli immigrati, che doveva cominciare subito dopo l’approvazione della Finanziaria, ha subito determinato lo spostamento parallelo a gennaio dell’iter del “legittimo impedimento”, il testo a cui molti guardavano fino a ieri come possibile compromesso tra maggioranza e opposizione per affrontare i problemi giudiziari del premier trovando insieme il modo di accantonare il “processo breve”.
Politicamente, il match è nullo e lo stallo, pur mascherato dalla mancanza di uno scontro aperto tra i leader del Pdl, evidente. Al tentativo di piegare l’asse che s’è costituito tra Fini e l’opposizione in materia di immigrazione, corrisponde una reazione immediata e simmetrica del presidente della Camera per rallentare o bloccare il provvedimento a cui Berlusconi guarda come a un salvacondotto, dopo la fine del lodo Alfano. A gennaio saranno trascorsi due mesi dall’accordo, durato lo spazio di una notte, tra Berlusconi e Fini in materia di giustizia, e quasi tre dalla sentenza della Corte costituzionale che ha privato il premier del suo scudo processuale.
E questo stato di paralisi è esattamente quel che Berlusconi non riesce a sopportare. Anche se, trattenuto quotidianamente dai suoi più cauti collaboratori, il presidente del consiglio ha rallentato il ritmo delle sue esternazioni, intensificando contemporaneamente le missioni all’estero per mostrarsi lontano dall’odiato “teatrino” della politica, il Cavaliere, con chi gli è vicino, non ha smesso di parlare di elezioni anticipate. Gli inviti alla prudenza, che continuamente riceve, non riescono a convincerlo che correre il rischio di un’interruzione della legislatura, anche per uno come lui che ha al suo attivo il governo di legislatura, rappresenti un’incognita più forte del continuare a vivacchiare come in questi ultimi mesi.
In questa prospettiva, malgrado i molti mugugni interni al Pdl, Berlusconi lavora al consolidamento dell’alleanza strategica con la Lega. E’ per questo che, oltre alla disponibilità a trattare sulla guida di due regioni al Nord, sta cominciando a prendere in considerazione la possibilità di cedere a Bossi il posto di sindaco di Milano, e perfino, sostiene qualcuno, una delle presidenze delle nuove Camere che uscirebbero dal voto. Voci del genere circolano come boatos nei corridoi di Montecitorio, dove prevale tuttavia un diffuso scetticismo sull’ipotesi elettorale. Ma di rinvio in rinvio, di stallo in stallo, non è detto che anche i più disincantati non debbano ricredersi.

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