Tiro con l'arco e tiro a volo entrano nelle classi

Anche saper tirare con l'arco e con la pistola ad aria compressa vale come credito formativo scolastico. Lo prevede un Protocollo d'intesa siglato tra l'Ufficio scolastico per la Lombardia e il comando regionale dell'esercito, con il beneplacito dei ministri La Russa e Gelmini, e il «caso» è approdato in Parlamento. A portare alla ribalta la singolare intesa è stato il settimanale cattolico Famiglia cristiana e le critiche non si sono fatte attendere. Già mercoledì le associazioni studentesche e il Pdci avevano stigmatizzato l'iniziativa, ieri la Tavola per la pace ha puntato l'indice e Pd e Radicali hanno presentato interrogazioni parlamentari. Ma di cosa si tratta?
Il progetto, denominato "Allenati alla vita" è un corso, con successiva gara pratica tra pattuglie di studenti, valido come credito formativo scolastico e con oneri di spesa sponsorizzati da enti pubblici e privati. Oltre alle lezioni teoriche, che possono essere inserite nell'attività scolastica di "Diritto e Costituzione", il progetto sviluppa le attività di primo soccorso, arrampicata, tiro con arco e pistola ad aria compressa, nuoto e salvamento, orientiring e, infine, percorsi ginnico-militari. Queste attività - è la convinzione dei promotori - «permettono di avvicinare in modo innovativo e coinvolgente, il mondo della scuola alle Forze armate, alla Protezione civile, alla Croce rossa e ai gruppi volontari di soccorso». Non solo. Consentirebbero anche di contrastare il bullismo «grazie al lavoro di squadra che determina l'aumento dell'autostima individuale e il senso di appartenenza a un gruppo».
UNA VALANGA DI CRITICHE
Molti gli esponenti politici che hanno deciso di portare la questione in Aula. «Dopo aver svuotato le casse scolastiche, dopo aver fatto entrare i simboli di partito in una scuola dello Stato oggi, con la diffusione e la pratica della cultura militare e dell'utilizzo delle armi a scuola, credo - spiega Francesca Puglisi, responsabile scuola del Pd - sia giunto il momento di dire: basta. Si sta drammaticamente realizzando ciò che Piero Calamandrei aveva prefigurato in un suo celeberrimo discorso: il ritorno di una dittatura nel nostro paese non avverrà con i carri armati per le strade ma distruggendo la scuola pubblica. Noi vogliamo che i nostri ragazzi apprendano a scuola la cultura della pace, l'unica che potrà garantire a tutti un futuro».
Dello stesso tenore il commento dei Radicali. «Una ne pensano e cento ne fanno al Ministero della difesa; ma mai la fanno da soli. Infatti, se per la "mini-naja" è stato coinvolto il ministro per la Gioventù, per la "scuola di guerra" - afferma il senatore Marco Perduca - il ministro La Russa ha coinvolto la collega Gelmini». «Per ora si sa solo che gli studenti saranno organizzati in "pattuglie" come quelle che girano per le strade dell'Afghanistan. Verrà insegnato loro a mirare, sparare e tirare con l'arco. Non verrà chiesto di combattere i talebani ma solo di sbaragliare tutti gli avversari. Non sappiamo quale premio verrà riconosciuto ai vincitori. Si sa che vincitori e vinti riceveranno un bel Credito formativo scolastico. È questa la scuola che vogliamo per i nostri figli?» si chiede Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della pace..
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