"Per il Tibet ci vuole un modello sud Tirolo"

Dalla Rassegna stampa

«Nel Tibet si deve arrivare a un periodo di convivenza pacifica. Affinché la popolazione trovi una possibilità di sviluppo che dia il via a un nuovo Rinascimento tibetano». E` questo l`auspicio formulato da Cesare Romiti, presidente della fondazione Italia-Cina, al termine di una maratona culturale dedicata a una delle aree più critiche per il governo di Pechino (tristemente nota per la repressione dei monaci buddisti) e mirata a valorizzare «l`impegno cinese già in atto per far migliorare le condizioni di vita della popolazione dell`altopiano». Obiettivo tentato, in una due giorni di dibattito, snocciolando le cifre dei trasferimenti: 201.9 miliardi di yuan (circa 20 miliardi di euro) versa- ti dal governo cinese in 50 anni, tre quarti dei quali negli ultimi 8. Con risultati come la riduzione del tasso di analfabetismo. Legate all`iniziativa due mostre, a Roma e a Milano, con opere sul Tibet di 68 pittori cinesi. Invitati al forum, con il ministro dell`Informazione cinese Wang Chen,, il presidente della Regione autonoma del Tibet Duo Tuo, i ministri dei Beni culturali e del turismo Sandro Bondi e Michela Brambilla e Giulio Andreotti. Ma che senso ha parlare di Nuovo rinascimento per il Tibet, mentre sono alte le richieste di autodeterminazione e le proteste per la violazione dei diritti civili dei tibetani che si riconoscono nel Dalai Lama? Romiti non si sottrae: «E` assurdo che oggi nel mondo esista ancora una situazione come quella del Tibet. E` logico che la Cina non rinuncerà mai a quell`area. Lì, però, ci sono 1700 monasteri buddisti. E i monaci non hanno mai manifestato l`intenzione di muoversi di lì. Il Dalai Lama non si è ancora capito se vuole essere una figura religiosa o un capo di Stato. Certo è che si deve arrivare a un percorso di convivenza pacifica». E come lo immagina? «Gli esperti arrivati al forum da varie parti del mondo hanno messo in luce lo sviluppo che ha già avuto la regione. Al di là di tutto, la popolazione tibetana ha sempre vissuto una vita di miseria. Ma il Tibet di oggi non ha nulla a che vedere con il Tibet di 10 anni fa. Nel convegno si è parlato di industria, agricoltura, cinema: tutte realtà in crescita. La Cina ha costruito una ferrovia Pechino-Lasa che arriva a 5.000 metri di altezza per unire il Tibet al resto del mondo che è un gioiello di tecnologia». Ma il prezzo dello sviluppo può essere la repressione dei diritto all`autodeterminazione del popolo del «tetto del mondo»? «No. Va studiata una via d`uscita - chiarisce Romiti -. Noi lo abbiamo fatto con un problema analogo che avevamo nel Sud Tirolo. Auspichiamo una soluzione simile che, nell`alveo della Grande Cina, lasci autonomia ai tibetani per potersi autogovernare, senza rinunciare a un miglioramento delle condizioni di vita».

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