Tensioni e ripicche al summit

La crisi siriana sarà inevitabilmente l’argomento centrale dei due giorni di lavoro del G20 che si apre oggi a San Pietroburgo. Il ministro degli Esteri Emma Bonino ha ribadito ieri da Bruxelles che «lo scenario più utile per discuterne è il G20». Ma il summit non è certo nato sotto i migliori auspici, per le tensioni tra i due principali protagonisti dello scenario mondiale. Il presidente degli Stati Uniti Obama avrà infatti incontri bilaterali con il collega cinese Xi Jinping e con il francese Frainois Hollande, oltre che con il premier giapponese Abe, a margine del vertice, ma non con il padrone di casa, Putin, ameno di clamorosi ripensamenti. La Casa Bianca precisa che i due leader avranno la possibilità di parlare nei meeting previsti dal vertice. Lo scorso 7 agosto, Obama aveva annunciato la decisione di annullare il faccia a faccia con Putin previsto a Mosca. Una risposta all’asilo politico concesso a Edward Snowden, la talpa che ha rivelato i piani di sorveglianza della National security agency (Nsa). Ma Obama ha in programma un’altra mossa che suona come unavera provocazione nei confronti di Putin. Ha deciso infatti di incontrare gli attivisti russi omosessuali, alle prese con una dura battaglia contro la legge anti-gay varata da Mosca.
Immediata la contromossa russa. Il ministero degli Esteri ha reso noto di aver consegnato una nota di protesta a un rappresentante dell’ambasciata americana per deplorare l’arresto di cittadini russi in Paesi terzi su richiesta di istituzioni americane, primo fra tutti Victor Bout, il trafficante d’armi ed ex militare russo arrestato in Thailandia nel 2008 ed estradato negli Stati Uniti due anni dopo, dove è stato condannato a 25 anni di carcere per riciclaggio di denaro sporco e traffico di armi alle Farc. Questione tutt’altro che nuova ma Mosca, che lamenta anche la mancata estradizione di persone ricercate dalla magistratura russa (una ventina di sospetti negli ultimi dieci anni) ha colto l’occasione per un passo ufficiale. Obama e Putin, le cui relazioni personali sono pessime, saranno tenuti lontani anche al tavolo dei lavori. Non è in programma neppure un incontro fra il ministro degli Esteri russo Lavrov e il segretario di Stato Usa Kerry: Mosca lamenta che il Dipartimento di Stato ha più volte chiesto un colloquio telefonico fra i due solo per poi cancellare tali appuntamenti senza indicarne le ragioni. A San Pietroburgo i 20 grandi dell’economia mondiale saranno profondamente divisi sulla questione siriana. Incondizionato l’appoggio di Arabia e Turchia all’azione americana, sostenuta dalla Francia; Gran Bretagna in imbarazzo dopo il no del parlamento all’intervento militare; Cina e Russia fermamente contrarie, Italia disponibile solo sotto l’egida Onu. «L’utilizzo delle armi chimiche deve essere sanzionato, noi auspichiamo una nuova Conferenza di Ginevra» e che si passi «dall’attuale regime a uno transitorio. È quanto diremo al G20» ha dichiarato il premier Letta alla tv Russia 24. Ma da Damasco i segnali sono tutt’altro che confortanti: «La nostra posizione non cambierà neanche se ci fosse una terza Guerra mondiale» ha avvertito il viceministro degli Esteri siriano Muqdad.
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