Telecom, utili giù e tagli al personale

Dalla Rassegna stampa

 

Che siano stati due mesi di passione, un peso che poteva diventare un macigno per i conti ma soprattutto per l’immagine del gruppo, lo si capisce dalle parole appassionate del presidente Gabriele Galateri: «Abbiamo volontà, energia e determinazione - esordisce - per uscire dalla situazione di Sparkle: Telecom Italia uscirà rafforzata». Un sospiro di sollievo, adesso che il peggio sembra passato, che l’accordo con la procura di Roma che indaga sulla truffa valutaria è fatto e l’indagine interna su quanto è successo nei tre anni incriminati, 2005, 2006 e 2007, è stata conclusa e sarà depositata in procura.
Certo, sul bilancio 2010, tra un anno, l’impatto del caso Sparkle si vedrà - e sarà un conto salato da 507 milioni ma intanto l’importante era chiudere, arginare le zone grigie, consegnare all’esterno l’immagine di un’azienda trasparente, «di vetro», come la definisce l’Ad Franco Bernabè, deciso a mettere la parola fine alla vicenda, anche a costo di scontentare il partito del "fare piazza pulita con il passato", quello che trova proseliti tra i piccoli azionisti e tra alcuni consiglieri indipendenti, e che avrebbe voluto, forse, un’azione più decisa contro i vertici delle passate gestioni, magari con la sottoscrizione di quell’azione di responsabilità che verrà sottoposta nell’assemblea di Sparkle contro l’ex Ad Stefano Mazzitelli ma che non sarà all’ordine del giorno dell’assemblea Teleconi contro l’ex presidente Riccardo Ruggiero.
Dopo due mesi di rinvii, Bernabè vuole riportare il discorso sulle strategie che verranno, sul piano 2010-2012 che sarebbe stato la continuazione del piano precedente: nessun strappo ma «in linea con il percorso seguito negli ultimi due anni». L’aveva promesso e l’ha ripetuto ieri, l’Ad di Telecom Italia, alla presentazione del nuovo piano: «Non ci possono essere scorciatoie nel percorso di trasformazione dell’azienda, bisogna ridurre i costi operativi, migliorare la qualità dei servizi, innovare il modo in cui si
opera». E tagliare costi, anche con nuovi tagli di personale (per ora solo preannunciati ma non quantificati) dopo il 10% di personale già tagliato in due anni. Realpolitik, insomma, degna di un manager che ama definirsi «di vecchio stampo» e «prudente», deciso a considerare come «priorità» il risultato economico e il ritorno per gli azionisti e che, per i prossimi tre anni, pone due obbiettivi su tutti: uno obbligato, il calo dell’indebitamento dai 34 miliardi di oggi ai 28 di fine 2012, e l’altro musica per le orecchie della Borsa (ieri il titolo ha guadagnato fino al 3% per chiudere poi a +1,19%): un’adeguata remunerazione dei soci con l’aumento dei dividendi. Anzi, è la confessione, già nel 2009 (che ha visto utili in calo a 1,58 miliardi, ricavi in flessione del 6,3% a 27,1 miliardi, mol a 11,15 miliardi) il dividendo di 5 centesimi avrebbe potuto essere qualcosa di più ma, esploso il caso Sparkle, si è preferita una maggior cautela.
Ora la promessa: nei prossimi anni i dividendi saranno «stabilmente in crescita». Grazie a una strategia che punta a recuperare ricavi e profitti sul mercato domestico (dove il 2010 sarà ancora difficile ma dovrebbe vedere una ripresa soprattutto nel mobile) e sul mercato brasiliano dove, parola di Luca Luciani, responsabile di Tim Brasi, è prevista una crescita del 4-5% dei ricavi già per il primo trimestre dell’anno. Certo, infine, l’addio a Telecom Argentina, la cessione sarà portata a termine rapidamente, taglia corto Bernabè, «entro l’anno».

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