Tariffe minime e nuovi ordini. Così le attese dei professionisti

Dalla Rassegna stampa

 

C’è grande attesa per la partenza del tavolo sulla riforma delle professioni e dando prova di buona tempistica Confprofessioní ha organizzato un sondaggio per capire cosa si aspettano i professionisti italiani. Condotto da Ipr su un campione di 600 professionisti appartenenti a quattro aree di competenze (economica, giuridica, tecnica e sanitaria) il test arriva a tre conclusioni: a) gli ordini professionali vanno riformati (lo chiede il 60,3%); b) bisogna reintrodurre le tariffe minime (68,9%); c) la concorrenza va governata (lo si deduce da più risposte). Commentando i dati il presidente di Confprofessioni Gaetano Stella mette in evidenza come gli Ordini debbano «riconquistare quel ruolo di tutela della fede pubblica che negli ultimi anni si è andato affievolendo» e infatti il giudizio della base è piuttosto netto. Solo una minoranza, il 24,9%, dice esplicitamente che non è necessario riformare gli Ordini. E così alla vigilia dell’apertura delle consultazioni con il ministro Angelo Alfano dal sondaggio arriva un messaggio chiaro. Chiedete pure la riforma ma siate disposti ad autoriformarvi.
Quasi il 70% del panel è per la reintroduzione delle tariffe minime. Stella dice che «lo stato di crisi in cui versano centinaia di studi professionali in tutta Italia è da ricondurre almeno in parte alle lenzuolate di Bersani che le hanno abrogate». E invece le tariffe minime sono uno strumento «per garantire la qualità della prestazione a tutela dei cittadini».
Un osservatore esterno è portato a pensare che il nesso crisi-lenzuolate sia troppo meccanico. Si può discutere apertamente degli effetti che hanno avuto le liberalizzazioni ma una cosa è la recessione altra le lenzuolate. E’ la Crisi che fa chiudere gli studi, sarebbe bene ricordarlo. Perché se c’è qualcuno che pensa che ristabilite la tariffe minime la crisi scompaia, beh si illude.
Senza un ragionamento - che purtroppo manca tra i professionisti come nel governo sull’ispessimento del terziario e dunque sull’allargamento del mercato la discussione, pur importante, sulle tariffe è destinata a lasciare il tempo che trova. E ad essere poco compresa dall’opinione pubblica. Dalle altre risposte fornite dal panel all’Ipr (il testo completo del sondaggio è consultabile sul sito www.confprofessioni.eu) viene fuori l’estrema preoccupazione dei professionisti sul cambiamento della struttura del mercato. Siamo di fronte alla nascita di nuovi concorrenti e le cosiddette «professioni regolamentate» si sentono insidiate da quelle non regolamentate. Due terzi degli intervistati mal sopporta questa concorrenza diretta, ne intravede pericoli per i professionisti. Solo il 25% risponde orgogliosamente che la concorrenza dei non regolamentati non scalfisce la loro posizione.
E’ evidente come sia difficile generalizzare perché ogni settore oggi ha una struttura del proprio mercato diversa dagli altri, in alcune professioni il low cost è entrato alla grande, in altre meno. Ma sempre secondo Stella «la concorrenza sleale è una spina nel fianco, oltre il 6o% dei professionisti la subisce». L’esempio è quello dei Caf o dei centri di elaborazione dati nell’area economica. «Appare dunque indispensabile una profonda revisione delle competenze e delle attività da attribuire ai professionisti». In definitiva il sondaggio di Confprofessioni ci conferma come ci sia esigenza di riforme e come queste siano profondamente attese dalla base, in chiave propositiva finiscono per mescolarsi sentimenti diversi. E più che veri progetti appaiono in controluce evidenti paure.

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