Il Tar dice no al reintegro della lista Pdl

Ricorso respinto, nonostante il decreto salva-liste. La decisione del Tar del Lazio al momento lascia fuori dalla competizione elettorale la lista del Pdl per la provincia di Roma e vanifica, almeno in questa regione, l'iniziativa del governo volta a sanare l'esclusione del Popolo della libertà dovuta alla presentazione in ritardo della lista alla Corte d'appello di Roma. Ma la lista, ripresentata ieri all'ufficio elettorale del Tribunale, potrebbe essere riammessa (entro oggi) grazie al nuovo iter avviato presso l'ufficio elettorale del Tribunale, al quale è stata consegnata ex novo la documentazione, sulla base del decreto. In ogni caso il Pdl ricorrerà al Consiglio di Stato.
I giudici della seconda sezione bis del Tar del Lazio, presieduti da Eduardo Pugliese, nell'ordinanza con la quale hanno respinto la richiesta di sospensiva da parte del Pdl, hanno considerato che «non c'è certezza nè prova che il delegato del Pdl all'atto della presentazione della lista avesse con sè tutta la documentazione».
In più il Tar dà ragione alla Regione Lazio, che aveva presentato un ricorso per conflitto di attribuzione. Per i giudici amministrativi del Lazio il decreto legge salva-liste non «può trovare applicazione perchè la Regione Lazio ha dettato proprie disposizioni in tema elettorale esercitando le competenze date dalla Costituzione». «A seguito dell'esercizio della potestà legislativa regionale la potestà statale non può trovare applicazione nel presente giudizio», concludono i giudici.
Il Tar ha fissato al 6 maggio prossimo la discussione di merito sul ricorso del Pdl. Ieri i giudici non sono entrati nel merito della questione decidendo soltanto in merito alla richiesta di sospensione cautelare del provvedimento di esclusione della lista Pdl Roma dalle elezioni regionali.
Il ricorso, in sostanza, non è stato dunque respinto ma, allo stesso tempo, le toghe hanno deciso di non riammettere in via cautelativa la lista. Profetiche erano state le parole pronunciate, nel pomeriggio, dal ministro dell'Interno Roberto Maroni: «Se il Tar decide che la lista è fuori, quella lista resta fuori nonostante il nostro decreto», aveva detto, auspicando la rapida conclusione dell'iter giudiziario.
Nel ricorso al Tar gli avvocati del Pdl sostenevano che la mancata consegna della lista «non è addebitabile all'imperizia, negligenza o trascuratezza dei delegati del Pdl, ma è dipesa in primo luogo dal divieto d'ingresso loro arbitrariamente intimato a dispetto della tempestività dell'accesso alla zone deputata all'attesa presso i locali del Tribunale». Nel ricorso si faceva presente che «il cancelliere non può rifiutarsi di ricevere le liste dei candidati neppure se li ritenga irregolari o se siano presentati tardivamente».
Le polemiche l'hanno fatta da padrona, perfino al momento della riconsegna della lista del Pdl, avvenuta in un clima surreale, quasi "militarizzato". Ieri dopo mille peripezie l'innocente faldone rosso, incellophanato e sigillato da giorni, è stato letteralmente scortato dai carabinieri fino all'ufficio elettorale per il deposito definitivo. Una processione silenziosa e veloce per i corridoi del Palazzo di Giustizia - i militari davanti col plico in mano, i politici Pdl a seguire - che si è conclusa in quella stanza 23, dove tutto cominciò due sabati fa con un'apertura pubblica sotto gli occhi dell'ufficiale comandante. Un pacco che però, per i legali del Pd, porterebbe con sè anche la chiave per scardinare la presentazione degli elenchi da parte del Pdl. Il plico, spiega l'avvocato
Gianluigi Pellegrino, che cita un verbale dei carabinieri del 27 febbraio, «sarebbe rimasto incustodito dalle 12.00 alle 14.30, per poi essere vigilato dai militari. Alle 17.00 però il delegato Pdl lo avrebbe portato via, per poi riconsegnarlo alle 19:30». Solo allora il pacco sarebbe stato sigillato dai militari. «Chi può essere sicuro allora - conclude il legale - che quello che è stato consegnato corrisponde a quanto era stato portato in tribunale entro le 12:00 del 27 febbraio?». Una ricostruzione che però i vertici del Pdl smentiscono precisamente. «ll pacco - dice il coordinatore del Lazio, Vincenzo Piso - è stato preso in custodia dai carabinieri, ma su questo avremo da dire tante altre cose, qualcuno dovrà rispondere delle tante falsità dette».
Il pressing attorno al pacco era iniziato ieri mattina, quando il Pd aveva presentato una diffida affinché i militari non riconsegnassero al Pdl la scatola dei documenti, chiedendo loro di consultare prima l'Autorità giudiziaria: il pacco, infatti, conterrebbe atti pertinenti all`indagine penale, di competenza dei magistrati di Perugia, scaturita dalla denuncia presentata dallo stesso Pdl contro i Radicali e l'ufficio elettorale.
«Abbiamo presentato un'istanza di dissequestro - ha spiegato Piso che insieme a un gruppo di dirigenti Pdl ha ottenuto indietro la documentazione dei militari - e Perugia avrà copia di tutte le carte.D'altronde, se i carabinieri non avessero potuto, di certo non ce le avrebbero restituite». La guerra del plico, o forse il giallo del pacco rosso, è solo all'inizio.
In attesa della decisione del Tar, ieri la rivale di Renata Polverini, Emma Bonino, si è dissociata dalle farneticanti accuse dell'Idv a Napolitano: «Credo che non si debba tirare in ballo il Quirinale. Il presidente della Repubblica non aveva alternativa a firmare». L'opposizione intanto annuncia una settimana dì mobilitazione che culminerà con la manifestazione nazionale a Roma, sabato 13, alle 14, a piazza del Popolo e l'ostruzionismo in Parlamento: «Faremo in modo che non passi più niente, compreso il dl fatto dal governo per le regionali», dice il vicesegretario Pd Enrico Letta.
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