Le tante limitazioni alla libertà

Dalla Rassegna stampa

La settimana scorsa il direttore è intervenuto a proposito della libertà che sta sparendo pian piano tra la passiva accettazione del popolo. Lo spunto era un sondaggio della rivista Bild secondo cui i tedeschi preferiscono l’assistenza statale alla libertà individuale. Non so in realtà quanto ci sia di vero in questi sondaggi, quando la crisi gli abbia pilotati, o quanto queste idee cambino in fretta da un semestre all’altro. Fatto sta che le argomentazioni del direttore erano condivisibili, anche negli altri esempi citati, compresa l’azione della magistratura. Ma a mio avviso avevano un mancanza: escludevano una fetta rilevante delle repressioni in atto.

Ci sono stati molti mondi che corrispondono a quella descrizione della società “tedesca” della Bild e la causa del “male” non è solo il paternalistico welfare state al direttore così ostico, e a me pure. E’ anche dello stato bigotto in cui a certe cose importanti non puoi pensare perché ti si impone che altri le pensino per te, e molti accettano che sia così, pur essendo queste tra le scelte che più determinano le svolte della tua vita: poterti sposare o separarti come, con chi e quando tu vuoi; avere un figlio (in modo assistito o meno) o non averlo come tu vuoi; vivere o morire come tu decidi, magari per evitare la sofferenza di una malattia atroce e incurabile. Solo per citare alcune delle questioni più scottanti.
La subdola dottrina del welfare non uccide brutalmente nessuno come invece facevano le terribili dittature tedesche e socialiste del passato, che tanto hanno influenzato la storia e il pensiero di quei popoli, che oggi si dicono disposti a sacrificare la libertà per un posto fisso. Il welfare è una dottrina, non molto diversa, a dire il vero, da quella improntata sul cattolicesimo che ha costruito la nostra cultura, quando la bibbia il popolo non la poteva leggere e la messa era in latino, quando la cultura di massa era ritenuta pericolosa perché aiutava a pensare individualmente e quindi a essere meno pilotabile; ma era la stessa bibbia che nell’Ottocento, invece, in inglese era tradotta e letta dai contadini pionieri verso l’ovest senza continuo bisogno di interpretazioni.
Ma tutti questi discorsi sono molto generici e attaccabili da tanti punti di vista, i miei come quelli del direttore.
Se intervengo è perché grandi violazioni di libertà ritenute minori dalla società, sono in realtà ritenute tali solo perché appunto vi è un regime subdolo che porta a credere che alcune aberrazioni debbano essere accettate senza colpo ferire.
Prendo, solo perché ultimo in ordine cronologico, il caso di Busi di cui sono venuto a conoscenza dalla radio.
Perché se uno dice che il Papa è un omosessuale represso deve essere censurato e cacciato? Non è un reato, non si dice che il Papa è un pedofilo, un assassino, un ladro, e infine neanche un omosessuale. E’ un’opinione, discutibile e da me forse poco condivisa, fondata comunque su varie teorie psicanalitiche che vedono in molte fobie un segno di desiderio represso. Cioè, non mi interessa la “verità” sulla cosa, ma la “sostanza” del perché deve essere cacciato come immondo dalla tv uno che sostiene una teoria non apologetica di alcuna aberrazione sociale (non ha esaltato il diritto di esercitare la pedofilia, per esempio, né invitato a mettere bombe qua è la né insegnato a torturare uomini o animali). La sua era un’idea. Un’idea, un pensiero, e per quanto non condivisibile, se accetti che chi ha certi pensieri assolutamente innocui, ma diversi dalla massa, invece che essere chiamato a dimostrare la sua teoria, vada cacciato tra il tripudio popolare, non è un gran giorno per la libertà di espressione.
Ed è una “sostanza” che fa parte della cultura della nazione, che passivamente accettata tutto senza ragionamento, senza chiedersi realmente il perché di certe cose. La stessa cultura che davanti a ogni problema che non sia il più grave tutti porta la massa a dire “prima c’è altro da fare”, anche se è un’ignominia, come per esempio le carceri, che il grande Leonardo da Vinci diceva essere lo specchio della civiltà di un popolo, e aveva ragione. E quelle italiane sono una vergogna. Ma c’è sempre “altro da fare”, come se i mille parlamentari della repubblica e gli altrettanti consiglieri regionali si dovessero tutti occupare sempre della stessa cosa, per non far, infine, mai nulla, proprio perché tutti se ne devono occupare.
La rete indebolirà questa forza di regime, ma oggi ancora tutto passa da e viene fatto per la tv. E sono sopratutto i telegiornali, lo strumento più subdolamente manipolabile, a essere il vero nemico della libertà e della verità. Che Minzolini fosse teleguidato lo sapeva chiunque avesse un minuscolo, ma proprio minuscolo granello di sale in zucca senza che ce lo dicesse un’intercettazione. E tutta la giustissima “cappa” su Berlusconi svanirà solo quando la sua condizione diventerà quella che lo avrebbe reso eleggibile non in Germania, ma in UK e in USA, paesi dove ancora la libertà è apprezzata, e dove mai un capo di Stato né la sua famiglia potrebbe possedere anche piccole quote di tv le cui frequenze siano liberamente distribuite via etere.
Berlusconi ceda il controllo totale delle sue aziende e venda ad altri privati almeno due reti Rai. Prima di allora la smetta con i suoi piagnistei sulle “violazioni” di libertà che subisce, lui, il più ricco capo di governo del mondo, con la più grande maggioranza della storia della repubblica italiana, e con solo due partiti di maggioranza. L’unico governo della storia mondiale che manifesta contro l’opposizione, e che viene smentito dal governo stesso sui numeri della partecipazione alla protesta.
Venda tutto e combatta ad armi pari e vedrà che ci sarà più libertà per tutti, e di sceneggiate come il giuramento in piazza, o come la promessa sulla cura del cancro, non ne avrà più bisogno.

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