Tagli su commissione

Dalla Rassegna stampa

In Italia il modo più sicuro di non fare una cosa è istituire una commissione. Quando l'estate scorsa cominciarono le operazioni di tosatura della cittadinanza, il governo Bandana intuì che bisognava offrire un sedativo alle pecorelle smagrite. Non la riduzione immediata dello stipendio dei politici (e che, siamo matti?) ma la promessa di tagli futuri. Per uniformare l'onorevole paga ai livelli europei sarebbero bastati cinque minuti: il tempo di consultare le tabelle preparate dagli uffici della Camera. Perciò si ritenne molto più utile affidare l'arduo compito a un consesso di esperti guidato dal presidente dell'Istat.

In quattro mesi la commissione Giovannini si è riunita tre volte. La prima volta per stilare una lista dei parlamenti europei a cui ispirarsi. La seconda per affidare l'indagine conoscitiva alle ambasciate italiane, anziché a un bimbo di 6 anni che avrebbe trovato i dati su Internet in un clic. La terza, si legge sul sito del governo, per un «report sullo stato di avanzamento delle attività»: immagino che ogni ambasciatore dovrà intervistare personalmente tutti i deputati del Paese in cui abita, chiedendo loro la dichiarazione dei redditi e gli scontrini del ristorante.

Nel frattempo l'euro andava a rotoli, lo spread si impennava, il governo Bandana cedeva al governo Loden, le tasse salivano, le pensioni scendevano e i cittadini si imbufalivano. Insensibile a questi accidenti della vita, la commissione proseguiva inesorabile. Il suo responso, atteso per marzo, potrebbe persino essere anticipato a gennaio. Non si sa ancora di quale anno.

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