Tagli? Prima i finanziamenti ai partiti

Quando un gruppo sociale, soprattutto se piccolo, finisce per essere screditato di fronte all'opinione pubblica, in genere è colpa sua. È forse per questo complesso di colpa che la sua autodifesa finisce per essere clamorosamente controproducente. L'esempio più famoso è quello delle brioches di Maria Antonietta. Così la reazione di Alessandra Mussolini «Se ci volete levare il vitalizio ci costringete al suicidio» è inevitabilmente destinata a scatenare reazioni da Colosseo anche nei più miti.
A volte però i Saint-Just non sono all'altezza e questo sembra essere uno dei casi . C'è un macigno evidente sui costi della politica che è il finanziamento pubblico dei partiti, tornato in essere, con l'ipocrita e falsa denominazione di "rimborso elettorale", malgrado l'abrogazione avvenuta grazie a un referendum radicale votato plebiscitariamente. Il sistema del denaro cash versato alle segreterie dei partiti, al contrario di quanto prevedeva chi negli anni '70 lo volle la legge dello Stato, non ha fermato la corruzione - che è esponenzialmente aumentata - accelerando piuttosto un processo di ripulsa qualunquista verso le istituzioni che i più saggi, come Rino Formica, descrivono da anni impietosamente. Ci vorrebbe davvero uno "scatto", non di algidi tecnici, ma del meglio del ceto politico. Perché solo da una mossa del genere, l'abrogazione del finanziamento ai partiti - e non ai giornali che mettono in circolo idee - si può provare a fermare una pericolosa deriva.
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