Svizzera, al suicidio assistito per gli stranieri

Dalla Rassegna stampa

La Svizzera continuerà a essere la patria della «dolce morte» per tutti, compresi gli italiani. Ieri gli abitanti di Zurigo hanno rigettato con una percentuale dell'80% entrambi i quesiti referendari avanzati da partiti conservatori. Il quesito presentato dall'Unione democratica federale (di ispirazione cristiana) chiedeva al parlamento svizzero di rendere punibile qualsiasi forma di istigazione e di aiuto al suicidio, mentre quello avanzato dal partito evangelico proponeva di porre fine al «turismo della morte»; limitando l'assistenza al suicidio a chi risiede nel cantone da almeno dieci anni. Ma il referendum non ha cambiato nulla: la Svizzera rimarrà ancora una meta per il suicidio assistito. Secondo le prime proiezione è dell'80% la percentuale dei voti a favore.

Ogni anno in Svizzera si registrano in media 1.400 suicidi, pari al 2,2% del totale dei decessi. Da sola l'associazione Dignitas ha accompagnato alla morte un totale di 1.138 persone, di cui 592 provenienti dalla Germania, 118 dalla Svizzera, 102 dalla Francia, 19 dall'Italia, 18 dagli Stati Uniti e 16 dalla Spagna. In tutto sono una trentina gli italiani andati in Svizzera per non fare più ritorno. Dei malati terminali italiani che hanno deciso di «emigrare» in Svizzera «nessuno ha più fatto ritorno», spendendo «non più di 3.000 euro, meno di un funerale nel nostro paese», fa notare un addetto. «Quanto avvenuto dimostra che la cultura della morte come diritto individuale è sempre più diffusa», commenta Eugenia Roccella, sottosegretario alla Salute, convinta anche che non «ci saranno migrazioni verso la Svizzera da parte degli italiani».

Per Marco Cappato, segretario dell'Associazione Luca Coscioni, Lista Bonino-Pannella, il referendum svizzero «è una bella lezione per il potere italiano». Invita a una maggiore riflessione Paola Binetti (Udc): «Non trova legittimità dice una società che elimina a cuor leggero chi, magari spesso per solitudine preferisce il suicidio assistito». «Uccidere non è un diritto, ma un delitto - aggiunge il cardinale Elio Sgreccia, presidente emerito della Pontificia Accademia perla Vita - Il risultato del referendum in Svizzera incentiva una pratica che in altri paesi, compresa l'Italia, è considerata un delitto. Per capirci, è come se si incentivasse la fuga di capitali o il riciclaggio di denaro sporco. Ma il delitto è molto più grave. Questa è complicità al male».

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