Sulla riforma fiscale Palazzo Chigi annuncia il cambio di passo

Dalla Rassegna stampa

L'attivismo di cui dà prova in questi giorni il presidente del Consiglio è sorprendente anche per chi conosce la tendenza dinamica di Berlusconi. Tutto nasce con la bocciatura costituzionale del "lodo Alfano", una sorta di detonatore che ha dato il via a una fase frenetica tuttora in corso. Un lungo spettacolo di fuochi artificiali.
Prima c'è stata l'ondata delle polemiche contro il Quirinale e la Consulta. Subito dopo l'annuncio di riforme impegnative che dovrebbero modificare la Costituzione. A cominciare dalla riforma ad ampio raggio della giustizia (compresi i criteri di scelta dei giudici costituzionali). Al tempo stesso Berlusconi ha adombrato anche il presidenzialismo, un vecchio tema che è tornato a fare irruzione sulla scena politica. A seguire, il premier ha lasciato capire di voler accelerare sulla riforma per via ordinaria del processo penale. Né ha trascurato la politica estera: da un lato ha lanciato a sorpresa la candidatura di Tony Blair alla presidenza europea, in sintonia con il trattato di Lisbona; dall'altro, è volato in Russia a rinsaldare il rapporto personale con Putin.
E ieri, pur essendo ancora in territorio russo, ha aperto un fronte economico di non poco conto. Affidando a Gianni Letta un messaggio letto all'assemblea degli artigiani della Cna, il presidente del Consiglio ha messo all'ordine del giorno la riduzione, sia pure «graduale», dell'Irap: fino alla sua completa scomparsa. Un impegno presente nel programma elettorale del centro-destra, ma rimasto lettera morta dopo la crisi economica e l'espansione del debito pubblico. Il che, come sappiamo, ha permesso a Giulio Tremonti di tenere in pugno nell'ultimo anno la politica economica e fiscale del governo, senza troppe concessioni alle esigenze elettorali della maggioranza.
Ora il segnale di Berlusconi è preciso. È Palazzo Chigi che decide la rotta. Questo accade sui temi istituzionali, sulla politica estera e ora anche sulle questioni fiscali che toccano il nodo delicato del rapporto con le imprese. Del resto Berlusconi, prima di partire per la Russia, si era affrettato a chiudere con Bossi un accordo sulle candidature nelle regioni del Nord, concedendo – come è noto – il Veneto alla Lega.
Adesso lo stesso Bossi dichiara perentorio che «Tremonti non si tocca». E in effetti nessuno pensa di cambiare il responsabile dell'Economia. Tuttavia è evidente che gli spazi del ministro si sono all'improvviso ristretti. Ancora l'altro giorno Tremonti ha fatto notizia con un'affermazione («il posto fisso è un valore») non così banale e scontata come dopo si è preteso che fosse. Un'affermazione, anzi, di forte sapore politico che ha costretto Berlusconi a intervenire a sua volta per «coprire» uno dei suoi principali collaboratori.
Nell'annuncio relativo all'Irap non c'è nulla che suoni come un atto di sfiducia nei confronti del ministro. Eppure è difficile non leggervi un brusco cambio di passo. Il premier riprende nelle sue mani tutti i fili del governo. Si prepara a rinsaldare i rapporti con quei settori dell'opinione pubblica che in questi anni hanno scandito l'era berlusconiana. E senza dubbio guarda già alla lunga campagna elettorale per le regionali del marzo 2010.
Certo, la riforma dell'Irap per ora è solo una promessa. Ma è ovvio che Tremonti dovrà renderla possibile, almeno in parte: il che significa reperire risorse e far quadrare i conti. Un percorso a ostacoli che può cambiare i rapporti di forza nell'esecutivo.

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