Sulla pagina Facebook di Pigi Battista si infiamma il dibattito su D'Avanzo

«Sì, con la scomparsa di Giuseppe D'Avanzo l'Italia ha perso un grande giornalista (che compiango), ma non la sua coscienza morale». È bastata questa frase dell'editorialista del Corriere della Sera, Pigi Battista, postata sulla sua pagina di Facebook per infiammare un dibattito fuori dagli schemi sul giornalista de la Repubblica morto sabato. Da non perdere sono le precisazioni cui ad un certo punto è costretto lo stesso Battista: «Mi sembrava chiaro che il soggetto fosse l'Italia, non D'Avanzo». Ed ancora: «Io non credo di essere meno coraggioso di lui, né di essere dotato di una coscienza morale più scialba». Alla fine il chiarimento vero: «Resta il fastidio per alcuni commenti dopo la sua morte». Ma altrettanto interessanti sono le parole di Massimo Bordin e il passaggio riguardante il caso Rostagno in cui Francesco Cardella in un messaggio precisa che D'Avanzo non gli ha mai chiesto scusa.
L'ex direttore di Radio radicale Bordin interviene dopo una serie di post pro e contro D'Avanzo per affermare che definire «giustizialista» D'Avanzo è sbagliato. «L'ho conosciuto a Napoli quando era a Paese Sera all'epoca del processo Tortora. La linea del suo giornale era colpevolista, come l'Unità. (…) Da allora l'ho considerato come un giornalista che pensava con la sua testa, ed era una testa fina, e una persona coraggiosa. Naturalmente ha commesso errori, come tutti e ha avuto l'umiltà di ammetterli, come nel caso del delitto Rostagno». Bordin ricorda anche D'Avanzo come «l'unico giornalista di Repubblica esplicitamente critico su Spatuzza (...). Prima ancora aveva avuto una scontro molto duro, sempre su Palermo e il modo di lavorare di Ingroia, con Marco Travaglio». E poi le coraggiose inchieste su Telecom, sul caso Pollari, «quando «colleghi» di destra e di sinistra (tanto di sinistra) sono arrivati nei suoi confronti alla delazione e allo spionaggio». A Bordin risponde Cardella: «Guardi che non è con Rostagno (ahimè morto e assassinato) che D'Avanzo doveva riconoscere il suo errore ma con coloro che ingiustamente furono indicati come gli assassini di Rostagno (io tra questi). A loro, a me, avrebbe potuto e dovuto chiedere scusa e non lo fece.
Peccato, per me e per lui».
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