Sul voto nel Lazio la guerra dei nervi tra la Cei e i radicali

Dalla Rassegna stampa

Probabilmente non sarà possibile calcolare se e quanto l'intervento dei vescovi italiani sulla campagna elettorale ha spostato voti: magari non succederà nulla. Ma certamente il discorso del presidente della Cei, Angelo Bagnasco, ha inserito un cuneo nel centrosinistra; e seminato nervosismo ed imbarazzo in uno schieramento sempre più convinto di poter vincere di nuovo nel Lazio. Il modo in cui ieri la radicale Emma Bonino ha reagito al monito delle gerarchie cattoliche segna uno scarto rispetto alle poche parole liquidatorie pronunciate a caldo. E l'insistenza con la quale il Pd minimizza i contrasti fra la loro candidata ed il Vaticano sembra voler negare l'evidenza. D'altronde, è l'unico modo per non risuscitare i contrasti fra l'esponente più a sinistra, quella cattolica e l?Idv alla vigilia delle regionali di domenica e lunedì prossimi.
In realtà le parole di Bagnasco, ribadite ieri dalla Cei, suonano come una chiamata alle armi ad appena cinque giorni dal voto contro l'eventualità che la Bonino diventi «governatrice» della regione. La rapidità con la quale il centrodestra fa proprio l'argomento della «protezione della vita» dice quanto il rischio della Chiesa italiana sia quello di essere utilizzata in modo strumentale. Silvio Berlusconi rivendica un «ancoraggio alla tradizione cristiana» del Pdl: unaconnotazione sulla quale ironizza il leader dell'Udc,
Pier Ferdinando Casini, criticato dal premier perché l'Udc è alleata della candidata di sinistra Mercedes Bresso in Piemonte; ma insieme al centrodestra nel Lazio. I vertici del Pd cercano di sdrammatizzare. Il segretario Bersani definisce le parole di Bagnasco un «messaggio che mette in equilibrio temi etici e sociali». Ma la Bonino usa linguaggio e toni diversi. Facendo presente che l'aborto non è tema di competenza delle regioni, spiega che «il signor Bagnasco» ha lanciato un monito «fuori posto».
È una replica comprensibile, che però rivela irritazione ed insofferenza. Nel momento stesso in cui si allunga sui vertici della Cei l'ombra dell'ingerenza, riemerge il profilo radicale che la candidata ed i suoi alleati hanno abilmente velato per tutta la campagna elettorale. La Bonino ricorda a Bagnasco che la legge sull'aborto fu votata «dall'8o per cento degli italiani». Rivendica una storia ed una coerenza culturale e politica temprate dalle battaglie referendarie di un quarto di secolo fa: un pedigree che può diventare motivo di imbarazzo, se non di debolezza per una parte del centrosinistra. Non a caso, a replicare più duramente ai vescovi sono lei e la Bresso: due donne osteggiate e temute dalle gerarchie cattoliche per il loro approccio ai «valori non negoziabili».
È il Lazio, tuttavia, la vera regione-simbolo. E infatti è qui che l'offensiva anche del Pdl si rivela più martellante. E quella che ha come capoluogo Roma, considerata «la città del papa». I sondaggi la danno tuttora in bilico fra Renata Polverini e la Bonino. E rappresenta il cuore di un potere vaticano ramificato in associazioni caritative, assistenziali, ospedaliere. L'idea di un'esponente storica del partito radicale che annuncia di volere essere nominata «commissario» alla disastrata sanità laziale in caso di vittoria, per la Santa Sede è un incubo. Questo spiega una presa di posizione della Cei così netta e insieme ad alto rischio, più di qualunque calcolo politico. La tentazione istintiva è di considerare quella di Bagnasco come una sorta di mossa «ruiniana» dopo l'uscita di scena del predecessore, Camillo Ruini. Eppure sembra qualcosa di più e di diverso. Segnala la volontà di marcare un confine culturale e politico, quasi un muro di fronte alla candidatura di quella che Pierluigi Bersani definisce «una fuoriclasse»; che può godere
del prestigio acquisito ricoprendo cariche a livello di Commissione europea e di governo; e che sta cercando di imporsi all'elettorato come espressione di una politica slegata dalle appartenenze. La presa di posizione vaticana ripropone invece il suo identikit radicale. Tende a risospingerla
nel recinto radicale e a identificarla con il-leader Marco Pannella, più che con il Pd. E il partito di Bersani è costretto a difendersi. «Non c'è e non ci sarà un caso Bonino-Vaticano»,
assicura il vicesegretario, Enrico Letta. Sembra un esorcismo, perché in realtà il caso esiste per volontà della Cei: sebbene non si possa escludere che finisca per favorire l'esponente radicale.
 

© 2010 Corriere della Sera. Tutti i diritti riservati

SEGUICI
SU
FACEBOOK