Sugli asili manca una regia

Dalla Rassegna stampa

A 18 mesi dal suo insediamento il Governo Berlusconi non ha sinora elaborato una strategia per i servizi alla prima infanzia e pare propenso a lasciarli al margine della legislatura. Può sembrare anomalo riferirsi all`Esecutivo nazionale in un ambito di abituale responsabilità comunale ma proprio questo è il punto. I Comuni non dispongono degli stanziamenti sufficienti ad assicurare l`auspicato aumento degli asili e -sempre più -neppure a garantire una qualità adeguata a quelli esistenti: se si vuole sostenere il settore l`unica strada è una strategia statale di supporto. Si tratta del cambiamento già avviato in gran parte dei paesi europei, come Spagna, Gran Bretagna e Germania: anche qui i servizi sono tradizionalmente a carico dei Comuni, che oggi non riescono più a rispondere autonomamente alla crescita delle domande e vengono, pertanto, affiancati da un intervento statale. La consapevolezza che il destino dei nidi in Italia dipenderà dalle scelte della politica nazionale, però, è ancora limitata. Nel 2006 l`allora ministro per la Famiglia Bindi introdusse il «piano nidi 2007-2009», con uno stanziamento statale medio di 149 milioni annui per un triennio. Tutti gli osservatori giudicarono il piano un utile primo passo - per 30 anni lo Stato si era disinteressato della materia- in attesa di una più ambiziosa riforma nazionale. La sua realizzazione sta incrementando l`offerta ma sta pure incontrando evidenti difficoltà, a partire dalla lentezza attuativa, che non sorprendono poiché si tratta di un`attività inedita per lo Stato. Vi sarebbe ora l`opportunità di valorizzare l`esperienza maturata, imparando dagli errori del piano ed elaborando una nuova - e più incisiva - strategia d`azione pluriennale, da accompagnare con un incremento dei finanziamenti capace di darle, sostanza. Il Governo, però, non ha sinora costruito una propria strategia, come mostra l`intervista all`attuale responsabile, il sottosegretario Giovanardi. All`assenza di uno specifico disegno lo Stato accompagna una politica di bilancio penalizzante peri comuni. Le decisioni di finanza pubblica hanno fatto sì che il contributo per il contenimento della spesa richiesto alle municipalità sia risultato ben superiore a quello di regioni e amministrazione centrale. Poiché il finanziamento pubblico degli asili è oggi in gran parte comunale, le conseguenze sono inevitabili. A livello locale si registrano non solo diffuse difficoltà ad ampliare l`offerta come si vorrebbe ma anche crescenti problemi a mantenere gli attuali standard di qualità. Contemporaneamente il ministro dell`Istruzione Gelmini ha reso possibile perle famiglie anticipare l`iscrizione alle scuole dell`infanzia - cioè le materne - dagli abituali tre anni a due e mezzo (due in montagna e in alcuni piccoli comuni). S`intende in tal modo rispondere alle richieste delle famiglie con figli in età da nido senza potenziare l`offerta di questi ultimi bensì utilizzando gli spazi già disponibili nelle scuole dell`infanzia. Ma chi ha due anni e mezzo richiede molte più attenzioni di chi ne ha cinque mentre così si applicano al primo gli stessi standard di servizio previsti per il secondo; come il numero di bambini per operatore, più elevato di quello assicurato nel nido. Se questi sono gli aspetti chiave della fase corrente altre azioni propongono spunti per domani. Il ministro per le Pari opportunità Carfagna promuove alcune sperimentazioni riguardanti le tagesmutter, figure ritenute portatrici di significative potenzialità. I risultati saranno da valutare attentamente, a oggi si tratta d`interventi circoscritti localmente e, quindi, senza un impatto diffuso sulla cittadinanza. Il ministro Brunetta destinerà alla costruzione di nuovi nidi presso le amministrazioni pubbliche nei prossimi dieci anni-parte delle risorse risparmiate grazie al progressivo incremento dell`età pensionabile per le donne impiegate nella Pa. La misura è priva di conseguenze nell`immediato ma potrà produrre, nel tempo, effetti significativi se collocata in una progetto complessivo. La disamina di quanto compiuto sinora evidenzia la mancanza di una strategia d`azione pluriennale, l`assenza di adeguati stanziamenti e lo scarso coordinamento tra i dicasteri interessati. Poiché il quadro tratteggiato spinge a chiedersi se sia possibile dare una direzione diversa alla legislatura è opportuno analizzare i più noti argomenti contrari. Primo, una nuova strategia costerebbe troppo. In realtà sarebbe la più economica tra le riforme di welfare necessarie. Se lo Stato iniziasse ora a destinare ogni anno 250 milioni di curo in più rispetto al precedente si arriverebbe a fine legislatura (2013) con un maggiore stanziamento, in confronto a oggi, di un miliardo annuo. Gli studi dimostrano che questo finanziamento statale -unito al contributo di regioni e imprese - eleverebbe il tasso medio nazionale di copertura dall`attuale 16% al 25% dei bambini. Il confronto tra i 25o milioni annui necessari e gli 8 miliardi di spese previsti dalla Finanziaria mostra chiaramente le proporzioni. Secondo, bisogna lasciare alle donne la possibilità di scegliere tra lavorare e curare i figli. Il dibattito italiano ha preso una piega distante dalla realtà, come se il tema fosse "obbligare" tutte le famiglie a utilizzare il nido. Viviamo in un paese in cui il 40% delle famiglie vorrebbe poterlo fare e solo tre Regioni hanno un tasso di copertura superiore al 25% dei bambini. Stiamo semplicemente parlando di assicurare a chi lo desidera la possibilità di ricorrere ai servizi. Terzo, si scrive piano nazionale ma si legge redistribuzione a favore del Sud. È un`obiezione non esplicitata ma pensata da molti. Non può essere così perché tutti i territori hanno bisogno di maggiori risorse, basti considerare la distanza tra domanda e offerta di asili tuttora esistente in Lombardia e Veneto. Lo sguardo agli altri paesi europei rivela - come anticipato- uniformità d`intenti. La presenza di una rete di servizi alla prima infanzia per garantire alle famiglie che lo desiderano la possibilità di fruirne è oggi un obiettivo de-ideologizzato, condiviso da destra e sinistra. Ovunque si attuano strategie nazionali pluriennali, con percorsi di graduale sviluppo monitorati e aggiustati in corso d`opera, senza lasciare che i cambi di maggioranza le interrompano. Dopo le recenti elezioni la Signora Merkel ha cambiato alleati di Governo - dai Socialdemocratici ai Liberali - e modificato diversi obiettivi ma i nuovi partner hanno concordato di continuare con il piano nidi avviato quando erano all`opposizione. David Cameron, leader dei conservatori inglesi, ha annunciato che in caso di probabile vittoria alle imminenti elezioni proseguirà con la strategia per i servizi avviata dai laburisti. Differenti sono, invece, le modalità operative impiegate dai Paesi per raggiungere il medesimo obiettivo. Si dividono, innanzitutto, sulla scelta tra destinare i finanziamenti statali aggiuntivi a comuni e regioni, affinché amplino l`offerta di propria responsabilità (strategia dell`offerta), e destinare le risorse direttamente alle famiglie, cosicché decidano loro a quali servizi rivolgersi (strategia della domanda). Condividere l`obiettivo di sviluppo, valorizzare l`esperienza compiuta sinora e aprire un confronto sulle modalità operative: perché non allineiamo l`Italia agli altri paesi europei?

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