Sudan, passo avanti dell’Onu

Dalla Rassegna stampa

A quasi un anno dai primi scontri e dai bombardamenti sui villaggi del Sud Kordofan e del Nilo Blu, denunciati dalle organizzazioni per i diritti umani della coalizione Sudan 365, tra cui la nostra “Italians for Darfur”, la diplomazia e le istituzioni internazionali ottengono un primo importante risultato per porre fine ai massacri sudanesi. Dopo una lunga e articolata discussione alle Nazioni Unite è passata in Consiglio di sicurezza una risoluzione che condanna le violenze perpetrate da entrambe le parti e minaccia sanzioni qualora non cessassero definitivamente le ostilità che stanno trascinando Sudan e Sud Sudan verso la guerra.
Il testo è stato approvato all’unanimità, ma una domanda è d’obbligo? Se si rendesse davvero necessaria l’applicazione di misure coercitive, il Tavolo dei 15 al Palazzo di vetro rimarrà compatto? Nella risoluzione si fa esplicitamente riferimento alle «opportune misure supplementari» previste dall’articolo 41 della Carta che dovranno essere attuate nel caso in cui una o tutte le parti coinvolte non rispettassero la risoluzione entro il termine previsto di quindici giorni.
L’iniziativa, promossa dagli Stati Uniti e dalla Francia, è senz’altro un tentativo importante verso la soluzione del conflitto, ma se non fosse portata avanti convintamente dai componenti del Consiglio di sicurezza potrebbe rendere vano qualsiasi intervento che possa porre fine a violenze e violazioni dei diritti umani nei due paesi. È per questo che l’Italia, già garante del Comprehensive peace agreement che pose fine alla ultra ventennale guerra civile in Sudan, e gli altri paesi dell’Unione europea che abbiano una qualsiasi influenza su Khartoum hanno il dovere di supportare l’azione dell’Onu e dell’Unione africana per arrivare alla pacificazione definitiva di questo travagliato territorio.
Abbiamo un interlocutore nel governo in carica che può ancora avere un ruolo importante nelle questioni sudanesi, il nostro ministro degli esteri Giulio Terzi. Il numero 1 della Farnesina potrebbe assistere il segretario generale dell’Onu insieme ai colleghi omologhi per far sì che sia attuata la risoluzione e, in caso contrario, di arrivare, ai sensi dell’articolo 41 della Carta, anche ad altre misure. Se è vero che spesso le sanzioni sono un carico per i popoli invece che per i dittatori, va anche considerato che sono l’unico mezzo, a parte l’intervento armato, in grado di smuovere situazioni di crisi e conflitti incancreniti.
Va inoltre ricordato che il presidente del Sudan è Omar Hassan al-Bashir, accusato dalla Corte penale internazionale di crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio, la cui sorte ci auguriamo possa essere la stessa dell’ex presidente liberiano Taylor, condannato per gli stessi crimini. La questione sudanese mi porta a un’ulteriore riflessione. Credo che abbiamo sofferto tutti per l’attacco all’università di Kano in Nigeria, verso la quale si è accanito il terrorismo di matrice religiosa.
Il senato tempo fa ha approvato all’unanimità una mozione sulla libertà religiosa che impegnava il nostro governo, nelle sedi opportune, a fare in modo che si verificasse un’attenta attuazione non solo della mozione, ma delle norme internazionali del caso. Pertanto mi appello al governo affinché segua questi elementi di tensione elevata, che inficiano la pace nel mondo.

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