E' subito gelo tra Obama e Putin «Questo G20 ostaggio dei russi»

La possibilità che il G20 di San Pietroburgo si concluda con la firma dei Venti sotto ad un unico documento che condanna il regime di Assad sono legate alla scarsa voglia che ha la Russia, Paese ospitante del summit, di passare per l’unico Paese che difende a spada tratta il dittatore siriano e alla altrettanta tenacia con la quale gli Usa cercano di non restare in compagnia di pochi nel condannare e, possibilmente sanzionare, l’uso delle armi chimiche. Nella cena che a palazzo Costantino ha concluso la prima giornata di vertice, si è consumato il tentativo, ma le differenze sono abissali, come la diffidenza che attualmente regola i rapporti tra Stati Uniti e Russia, con Obama e Putin che sembrano quasi ignorarsi malgrado siano seduti allo stesso tavolo.
LA SOLIDARIETÀ EUROPEA
La ricerca da parte di Obama di solidarietà europea ha avuto una conferma nell’incontro a tre che il presidente americano ha avuto con il primo ministro inglese David Cameron e il nostro Enrico Letta. Più che di uomini o basi, Obama ha bisogno di consenso all’azione militare e quello di molti Paesi europei potrebbe essere decisivo anche per convincere il Congresso. «È assolutamente possibile che ci si parli e si trovi un’intesa - ha sostenuto Letta - il problema sono le differenti interpretazioni rispetto a iniziative militari. C’è chi le interpreta come una sanzione e chi come l’inizio di qualcosa di cui non si conosce la fine». Quale sia tra le due la posizione dell’Italia, Letta non lo dice ma ripete pubblicamente ciò che ha avuto modo di spiegare anche ad Obama. Ovvero che la nostra Costituzione vieta di partecipare ad interventi armati se non in un ambito di Nazioni Unite e ha anche ricordato che l’Italia è già fortemente impegnata in missioni militari internazionali che spaziano dal Kosovo al Libano, passando per l’Afghanistan. Cuore e portafoglio non ci permettono di fare concretamente altro, ma Letta ha assicurato il presidente degli Stati Uniti che se deciderà per l’intervento armato, l’Italia - tra Obama e Assad - non ha ovviamente dubbi da quale parte stare. Malgrado quella che i portavoce definiscono «umana simpatia» che c’è con Obama, oltre tale solidarietà Letta sa di non poter andare e la lettera che il Papa ha inviato ieri a Putin sollecitando una soluzione politica, mette la linea tenuta da Letta e dal ministro degli Esteri Emma Bonino, sotto una protezione e una tutela difficilmente contestabile quando mercoledì Letta si presenterà in Parlamento.
IN ORDINE SPARSO
Resta il fatto che anche questa volta l’Europa procede in ordine sparso, con la Francia di Hollande schierata per l’azione militare, la Germania contraria anche per ragioni elettorali, e la Gran Bretagna di Cameron stavolta particolarmente dialettica con l’alleato Usa. Come era prevedibile, il G20 che doveva gettare le basi del rilancio planetario dell’economia, si è trasformato in una sorta di riedizione del clima da Guerra fredda con Obama e Putin impegnati a guardarsi in cagnesco e a contendersi la solidarietà dei leader presenti. Indubbiamente la lettera del Papa ha ancor più spostato il baricentro per una soluzione negoziale. Magari una nuova Ginevra 2 - ieri a San Pietroburgo è anche calato anche l’inviato speciale della Lega Araba e dell’Onu Lakhdar Brahimi - che metta regime siriano e ribelli allo stesso tavolo di trattativa che dovrebbe concludersi con l’uscita di scena di Assad. «L’unica via possibile» per porre fine alla crisi siriana è una «soluzione politica», ha ripetuto il presidente cinese Xi Jinping a Letta nell’incontro bilaterale di ieri pomeriggio. Sulla stessa linea anche i restanti Brics, mentre fuori dall’Europa gli Usa possono contare per ora solo sulla Turchia. Il vino bianco italiano servito a cena, e che Letta ha sottolineato con orgoglio con un twitter, non sembra essere servito a realizzare grandi passi in avanti e il documento finale del G20 potrebbe concludersi senza neppure un accenno alla Siria.
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