Struttura Delta continua

Questa storia della "struttura delta" all'interno della Rai può offrire la possibilità di riflettere al di là della evidente materializzazione del conflitto d'interessi e del penoso stato del servizio pubblico radiotelevisivo. A parte la mania dei giornalisti in generale, e di quelli di Repubblica in particolare, di affibbiare etichette associative che evocano scenari non sempre verosimili, come nel caso delle P3 e P4, anche qui la gravità della faccenda è evidente. La Rai non è nuova alle invasioni di campo della politica e certamente Berlusconi non è il primo a condizionarla. Ma nella prima Repubblica le varie cordate di potere scontrandosi finivano per equilibrarsi. Il risultato non cambiava poi di molto, era comunque un sistema chiuso che faceva le sue vittime. Ma ad imperare era la discrezione ovvero una sostanziale complicità di fondo. Quando Vespa, direttore del Tg1, disse apertamente quello che tutti pensavano, cioè che reputava la Dc suo editore di riferimento, l'esecrazione fu unanime quanto ipocrita e si distinsero proprio alcuni democristiani. Alla luce di quello che succede oggi quella polemica appare lunare e Vespa ora si trova in perfetta sintonia coi tempi, mentre è cambiato l'editore di riferimento. Dovesse cambiare ancora - Vespa è probabilmente eterno - l'esperienza insegna che non si tornerà indietro. Naturalmente non vale solo per la Rai. E senza una politica riformatrice forte, si attrezzeranno nuove "strutture delta ".
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