La strada fiscale per sostenere i redditi

Dalla Rassegna stampa

Stiamo aspettando anche noi il nostro Godot. Vuoi perché gran parte del sistema produttivo vive sulle esportazioni vuoi per i vincoli di finanza pubblica che ci hanno impedito significative manovre di stimulus, l'uscita dalla recessione per l'Italia è legata — più che per altre economie— alla ripartenza del commercio internazionale. Guai però a cullarsi nell'illusione di una sorta di automatismo: i nostri tradizionali partner commerciali riprendono a correre e per noi tornano a fiorire come per incanto ordini e commesse. Purtroppo per l'industria italiana la mappa dell'interscambio globale sta cambiando ancor più velocemente di quanto pensassimo nel pre-crisi. L'editoriale dell' Economist di questa settimana lo sostiene con forza. La domanda nei Paesi ricchi resta debole mentre i paesi emergenti, come Cina, India e Indonesia non hanno di fatto nemmeno conosciuto "la grande recessione" e ciò apre tutta un'altra serie di contraddizioni. Ma il cambio di scenario visto dall'Italia vede una domanda imporsi sulle altre: stiamo come sistema-Paese facendo abbastanza per non trovarci irrimediabilmente spiazzati dal cambiamento di gerarchia dei mercati? Senza aver nessuna voglia di far polemiche a basso costo la risposta è (purtroppo) no.

Bisogna andare in quei Paesi e occorre farlo sia come sistema sia come imprese, stavolta in forma più o meno associata tra loro. Il mito dell'imprenditore con la valigetta non è al passo con i tempi. Guardiamo, dunque, all'evoluzione della domanda internazionale ma non possiamo dimenticare chi vive - nell'industria e nei servizi - sui consumi interni. Come sostengono le organizzazioni di rappresentanza del commercio e dei servizi, per loro la crisi può rivelarsi molto più lunga e devastante. Scartata anche quest'anno l'idea di detassare le tredicesime resta però sul tappeto la necessità critica nei confronti dell'attuale sistema fiscale, a suo giudizio tarato sulla società italiano del Novecento e dunque arrivato al naturale capolinea. Il ministro ha riproposto il libro bianco elaborato nell'ormai lontano '94 e ha anche disposto che venisse ripubblicato sul sito del ministero dell'Economia. Pressoché negli stessi giorni il segretario del principale partito d'opposizione, Pierluigi Bersani, incontrando le associazioni degli artigiani ha sostenuto l'abolizione degli studi di settore.

Senza voler fare sintesi o somme improprie tra i due pronunciamenti, è abbastanza evidente che - pur con percorsi differenti - governo e opposizione sono giunti a una conclusione simile. Va messa mano al sistema fiscale per renderlo più moderno, più snello e più equo. L'invito di chi queste vicende le osserva dall'esterno ma con una forte senso di preoccupazione circa il futuro del sistema produttivo italiano, la sua competitività e la capacità di imporsi di nuovo sui mercati internazionali, non può che essere uno: mettetevi al lavoro, ciascuno rispettando il proprio ruolo. Perché nel mondo post-crisi un Paese come l'Italia non potrà più permettersi di assomigliare agli scandinavi solo per i vizi (la tassazione alta) e non per le virtù (la qualità dei servizi pubblici).

© 2009 Radicali italiani. Tutti i diritti riservati

SEGUICI
SU
FACEBOOK