Stop del Senato, slitta il via libera alla Ru486

Slitta ancora l’arrivo in Italia della pillola abortiva. Almeno due mesi. Come previsto, la Commissione sanità del Senato (sì di Pdl e Lega, no del Pd) ha approvato l’indagine conoscitiva dove si chiede di sospenderla per «acquisire il parere del ministero sulla compatibilità con la legge 194». Regola contemplata dalla normativa europea sull’autorizzazione di farmaci che seguono la via del «mutuo riconoscimento» quando si tratta di contraccezionali e abortivi. L’Italia non era affatto obbligata a registrare automaticamente la Ru486 anche se mutuata dalla Francia. Al contrario, la nostra Aifa (agenzia del farmaco) avrebbe potuto chiedere al governo una sorta di via libera tecnico per assicurarsi che il nuovo prodotto fosse in linea con la nostra legge sull’aborto. Lo ha chiarito l’indagine che, quando fu proposta, spaccò il Pdl. «E originale pretendere che il Parlamento si debba pronunciare sull’efficacia di un farmaco. Non credo ci sia materia di un dibattito politico», valutò l’iniziativa lo stesso Gianfranco Fini. Il lavoro dei senatori coordinati dal presidente Antonio Tomassini ha al contrario evidenziato problemi tecnici che erano sfuggiti: «Abbiamo riscontrato irregolarità amministrative», afferma l’esponente del Pdl. Il parere del Welfare sarà pronto oggi. Il ministro Maurizio Sacconi ha confermato che non si discosterà dalla delibera preparata dal direttore dell’Aifa, Guido Rasi. Verranno però aggiunti alcuni vincoli a cominciare dall’indicazione che l’interruzione di gravidanza avvenga in regime di ricovero ordinario. In pratica, la donna dovrà restare in ospedale fino all’avvenuta e certificata espulsione del feto. In media tre giorni, nell’80% dei casi. O di più. Dunque non sarà possibile prevedere il day hospital, secondo il protocollo seguito ad esempio in Emilia Romagna e Toscana, le Regioni che già oggi hanno autorizzato l’uso della pillola, col sistema dell’importazione in base a singole richieste. Il Consiglio di amministrazione dell’Aifa dunque nella prossima riunione dovrà rivedere la delibera che, una volta trasformata in atto esecutivo, sarà pubblicata in Gazzetta ufficiale. L’imprevista trafila dovrebbe ritardare di un paio di mesi il via libera della Ru486. Fra i primi a sollevare dubbi sulla compatibilità della pillola con la 194, il sottosegretario al Welfare, Eugenia Roccella: «La nostra non è una posizione ideologica. Ma se questo diventa un metodo per abortire al di fuori delle strutture pubbliche, è un problema. La donna deve avere le stesse garanzie che avrebbe con la chirurgia. Quindi non si deve prescindere dalla presenza dei medici al suo fianco, dall’inizio alla fine». Per Sacconi «al di fuori del contesto ospedaliero ci sarebbe una violazione della legge. Vogliamo sgombrare il campo da dubbi interpretativi». Il centrosinistra ha votato compatto contro il documento. «Il governo sta facendo chiacchiere. Per ragioni politiche non vogliono la pillola», ha detto Anna Finocchiaro, capogruppo del Pd in Senato. Dorina Bianchi, capogruppo dei democratici in Commissione, ha sostenuto un documento di minoranza dove si chiedeva al governo di non bloccare la delibera Aifa e di indicare il vincolo del regime di ricovero ordinario in successive linee guida della conferenza Stato-Regioni. Livia Turco, Pd, accusa la maggioranza di «furia oscurantista». Critico il segretario dei democratici Pier Luigi Bersani: «non spetta al Parlamento fare il dottore». Incalza Donatella Poretti, radicale: «Si sono piegati alle gerarchie cattoliche». Disarmonia nel centrodestra. Il capogruppo Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto, non condivide il blocco: «L’agenzia Aifa, del tutto tecnica e neutrale, l’ha ammessa con vincoli assai rigorosi». Per Benedetto Della Vedova, contrario all’avvio dell’indagine, «è un grave errore». E Giorgia Meloni, ministro della Gioventù: «Pieno rispetto per l’Aifa. Ma è sacrosanto che le istituzioni approfondiscano la questione».
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