Stavolta è vero

Apparentemente scongiura una scissione ormai alle porte. E scioglie le riserve prima delle elezioni in Sicilia, con la speranza che il suo passo indietro – c’è ancora chi ne dubita, dopo decine di mosse false e di analoghi annunci dati negli ultimi mesi – possa restituire uno scatto vitale al Pdl agonizzante.
Con una decisione a sorpresa che ha spiazzato il notabilato del Pdl, così come avvenne per l’annessione di An annunciata motu proprio a San Babila e camuffata con l’etichetta di svolta del Predellino, ieri Silvio Berlusconi ha scritto nero su bianco che non si ricandiderà come premier alle elezioni politiche del 2013.
L’ha fatto ventiquattr’ore dopo un lungo incontro con Mario Monti, dov’era stato accompagnato dall’immancabile Gianni Letta e da Angelino Alfano; annunciando contestualmente «elezioni primarie aperte nel Pdl, con cui sapremo entro dicembre chi sarà il mio successore, dopo una competizione serena e libera. Il movimento fisserà la data in tempi ravvicinati, io suggerisco quella del 16 dicembre». Il dado è tratto: il candidato di Berlusconi è Alfano, Santanchè e Galan saranno in corsa «ma correranno anche altri fuori dal Pdl, perché si tratterà di primarie aperte», non di coalizione, spiega Quagliariello: perché di alleati, a maggior ragione entro i tempi stretti delle primarie, non se ne vedono.
Ora la partita a destra è aperta. Il Pdl deve scegliere tra un candidato che guardi al recupero della Lega o che, all’opposto, tenti di gettare un ponte verso l’Udc. Questo resta il bivio per i berluscones e un impietoso Pier Ferdinando Casini ieri glielo ha ricordato: «Per noi dopo Monti c’è Monti. Noi ci presenteremo con una lista per l’Italia per proseguire il lavoro del governo Monti e per attuarne l’agenda. Lo faremo con chi ci sta». L’effetto primarie del Pd, alla fine, ha trascinato anche i berluscones. Ma che la mossa del Cavaliere scongiuri davvero una scissione nel Pdl o la rinvii, questo sarà tutto da verificare.
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