Lo statuto speciale e il piano del governo

Ha già sollevato molte reazioni, non solo locali, in nome della speciale autonomia di cui gode la Regione, la lettera con cui Monti ha chiesto al governatore siciliano Lombardo di confermare le dimissioni annunciate mesi fa per il 28 luglio. La sollecitazione del presidente del Consiglio è legata al rischio di default del bilancio regionale denunciato dal vicepresidente siciliano di Confindustria Ivan Lo Bello e al comportamento dello stesso governatore, che dal momento in cui ha anticipato la sua uscita di scena, ha continuato a comportarsi come se niente fosse, nominando tre nuovi assessori, un vicepresidente e perfino un dirigente di una società pubblica poi risultato in carcere per stalking.
Al di là dell’autonomia, chiamata in causa anche a sproposito, Monti vorrebbe predisporre un piano di salvataggio. Preceduto, ovviamente, da una definitiva uscita di scena di Lombardo, che anche se non ha l’intera responsabilità del dissesto, certo non ha fatto nulla di importante per arginarlo. L’idea che la Sicilia, grazie al suo statuto speciale, possa essere considerata una specie di porto franco, è inaccettabile per Monti. Che teme che il dissesto amministrativo dell’isola possa ripercuotersi sull’immagine dell’Italia, sotto osservazione a Bruxelles.
Pochi mesi fa l’allarme per i dati siciliani era stato lanciato dalla Corte dei Conti. La sola presidenza della Regione Siciliana ha un numero di dipendenti, 1385, superiore a quelli a disposizione del primo ministro inglese Cameron a Downing Street, con un dirigente per ogni sei impiegati e funzionari. I dipendenti regionali, in totale, sono 17.995, 4857 dei quali avevano il contratto a termine fino all’anno scorso, ma sono stati stabilizzati dalla giunta Lombardo. Altri 2293 sono a tempo determinato e ben 7291 lavorano nelle 34 società a partecipazione regionale. Inoltre 24.880 sono i forestali e gli lsu (lavoratori socialmente utili) impegnati nei comuni ma di cui la regione paga in parte lo stipendio. Fatte tutte le somme, il costo di questa elefantiaca amministrazione tocca i 5,3 miliardi di euro e nel solo 2011 è cresciuto di 818 milioni, raddoppiandosi negli ultimi dieci. E fino all’anno scorso i dipendenti della Regione potevano andare in pensione con soli 25 anni di servizio, per assistere un genitore anziano o invalido. Sono dati come questi che hanno spinto Monti a intervenire e i politici siciliani a reagire, nel timore di un commissariamento. Ma cosa possano e vogliano fare, per evitare il fallimento della Regione a statuto speciale, nessuno ancora è in grado di dirlo.
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