E Spatuzza inciampò sugli omissis

Dalla Rassegna stampa

La trasferta romana della Corte d’assise di Palermo, per quanto densa (quattro giorni di udienze per tre testimoni alla metà di marzo) non ha prodotto scossoni all’andamento sostanzialmente piatto del dibattimento. La testimonianza più significativa, come del resto era nelle aspettative, è stata quella del pentito Gaspare Spatuzza, che però nulla di sostanziale ha aggiunto a quello che aveva già raccontato: non solo nei suoi verbali, ma anche in numerosi dibattimenti. Nella logica dell’ipotesi accusatoria, Spatuzza è la fonte privilegiata a proposito di una sorta di «secondo tempo» della trattativa: da un patteggiamento condotto dai politici della Prima repubblica, volto a evitare le stragi, si passa alla utilizzazione delle stragi da parte della nuova forza politica che Silvio Berlusconi stava costruendo negli ultimi mesi del 1993.

È l’ipotesi avanzata, fin dal 1994, dagli allora pm Antonio Ingoia e Roberto Scarpinato con due inchieste che furono archiviate in fase istruttoria. Ora parte di quel materiale investigativo si ritrova nel fascicolo di questo processo. Il riciclaggio di quelle carte è dovuto ai verbali che Spatuzza ha sottoscritto nel 2008. Vi si racconta di un incontro con Giuseppe Graviano, suo capo, al bar Doney di Roma nel novembre 1993. Dove il boss rassicura Spatuzza, riluttante a compiere l’ennesima strage, raccontandogli che sarà l’ultima perché ormai stanno per arrivare al potere, visto che hanno stretto un accordo con Berlusconi tramite Marcello Dell’Utri. Come facesse Graviano a essere così sicuro che Berlusconi avrebbe vinto le elezioni non è dato capire. Del resto proprio Graviano, poche settimane dopo, non andrà al potere ma in galera dove tuttora si trova, in regime di 41 bis che nessuno si è mai sognato di revocargli. Tutto questo era già noto. Nelle udienze romane si è meglio messa a fuoco la tempistica del pentimento di Spatuzza, fermo restandone il merito avvalorato dall’accusa e contraddetto dai difensori di Dell’Utri. Spatuzza viene arrestato nel 1997. A suo dire il processo «interiore» di ravvedimento inizia nel 2002, ma già nel 1998 avvia colloqui investigativi in carcere con Pietro Grasso, allora procuratore capo a Palermo, e con il procuratore nazionale antimafia dell’epoca, Piero Luigi Vigna. I due magistrati cercano di farlo parlare su Berlusconi, ma il non ancora pentito si sottrae, pur rispondendo su altro. Il suo primo verbale da collaboratore di giustizia risale al marzo 2008, 10 anni dopo.

Non fa cenno a Berlusconi, Dell’Utri e al bar Doney, e nemmeno ne parla in un altro interrogatorio a giugno. Il racconto compare solo a dicembre, in un verbale che la Procura di Palermo considera una sorta di capitolato dei temi su cui Spatuzza s’impegna a collaborare. Inevitabile che la difesa di Dell’U tri consideri tardiva e sospetta la rivelazione, e forse un aiuto insperato le è arrivato dalla spiegazione del ritardo fornita dallo stesso pentito: «Saputo che i pm di Palermo erano pronti a concedermi il programma di protezione, ho pensato di dover chiarire alcuni omissis su Berlusconi e Dell’Utri». Messa in questi termini, sembra la base possibile di un nuovo processo sulla trattativa Stato-mafia, a parti invertite. Sicuramente è stato il passaggio più controverso e interessante della quattro giorni romana del processo palermitano.

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