Sparkle e Fastweb, indaga anche Milano

Dalla Rassegna stampa

 

La Procura di Milano apre un’inchiesta su Telecom ltalia Sparkle e Fastweb. E se a Roma, dove ieri è stato interrogato per oltre cinque ore il fondatore di Fastweb, Silvio Scaglia, continuano a indagare per associazione per delinquere transnazionale, frode fiscale, riciclaggio, corruzione e brogli elettorali con metodo mafioso, nel capoluogo meneghino si stanno valutando le ipotesi di aggiotaggio e falso in bilancio. Le due società di tlc finite nel ciclone giudiziario per un presunto traffico telefonico fittizio, se la dovranno vedere anche con i magistrati milanesi del pool reati finanziari coordinato dal procuratore aggiunto Francesco Greco. In realtà, Milano aveva già valutato quelle carte qualche anno fa, ma poi erano state spedite a Roma perché il centro della frode fiscale era stato identificato nelle società fittizie che avevano sede nel capoluogo romano. Ora l’intera inchiesta torna indietro, ma non si indagherà più sul giro delle false fatturazioni, ma su come quei numeri abbiano alterato il bilancio delle due società e di conseguenza le quotazioni in Borsa. I numeri sono scritti nell’ordinanza del giudice per le indagini preliminari, Aldo Morgigni, in una tabella compilata dal nucleo di polizia valutaria della Guardia di Finanza. Gli anni in cui le due società avrebbero gonfiato i bilanci sono il 2005, il 2006 e il 2007, e per la sola Fastweb anche il 2003. In quell’anno il business era riferito alle carte prepagate per un giro d’affari complessivo di 180 milioni, un importo enorme che se fosse stato contabilizzato in bilancio per intero avrebbe pesato per oltre il 30% sui ricavi di Fastweb, pari a 529 milioni di euro. Lo statuto della società (pur modificato per l’occorrenza) lo impedì e i vertici decisero di ascrivere come ricavi solo i margini, pari a 44,8 milioni di euro, che portarono per , milioni. Per gli anni successivi, il business ha riguardato il traffico telefonico internazionale, con ricavi di 70,4 milioni (4,2 di utile) per il 2005, 122 milioni (5,9 di utile) per il 2006 e 11 milioni (495mila euro) per il
2007.
Quanto a Telecom, i numeri sono relativamente bassi per il 2005 e il 2007, rispettivamente di 275 milioni e di 166 milioni di ricavi con utile per 12 e 13 milioni, ma diventano impressionanti nel 2006. Il fatturato "fittizio" con società ritenute inesistenti come la inglese Acumen sale a circa un miliardo di euro (contabilizzati per 750 milioni), più della metà delle intere vendite wholesale internazionali della divisione di rete fissa di Telecom Italia, pari a 1,8 miliardi di euro. Una cifra importante anche sull’intero fatturato
della rete fissa che allora ammontava a 17,79 miliardi. Nel 2005, i ricavi del fisso erano stati 17,83 miliardi, l’anno successivo senza il contributo del sistema Acumen sarebbero scesi del 5,8%. L’importanza della frode imbastita si rileva anche da una email inviata da Carlo Baldizzone ai tempi direttore finanziano di Telecom Italia Sparkle all’amministratore delegato, Stefano Mazzitelli: «Coglierei
l’occasione per portare all’attenzione del gruppo la nostra dipendenza da due clienti chiave quali Etecsa e Acumen».
Proprio ieri il consiglio di amministrazione di Telecom Italia Sparkle ha deciso di proporre all’assemblea della società l’azione di responsabilità contro Mazzitelli e un accantonamento per 500 milioni di euro per far fronte all’eventuale confisca del profitto illecito e alla trattativa con l’Agenzia delle Entrate per la frode fiscale. Una cifra che peserà sul bilancio e sul nuovo piano finanziario che i vertici presentano oggi: l’utile 2009 sul quale viene determinato il dividendo è stimato a 1,8 miliardi al lordo dell’accantonamento.

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