Il sound libertario di Ivan Graziani

«Basta un lieve accordo e il passato è già qui, chiudi gli occhi e pensami...». Sono le parole che segnano l'inizio del brano Soltanto fumo di Ivan Graziani, anno 1991, giusto vent'anni fa. Il suono inconfondibile della sua Gibson 335 Stereo porta il pensiero alle note e agli accordi del rocker di Teramo. E tornano alla mente canzoni come Kryptonite, Emily, L'ippocampo. Brani che si ritrovano in quel cd di venti anni fa: «Emily piange lì alla sorgente e il suo fantasma non può bere. Senti il profumo di rosa e tiglio, il suo bisbiglio, ma perché ti voglio io ancora non lo so». Esattamente venti anni fa, infatti, proprio nel 1991, usciva l'album più controverso dell'intera discografia di Ivan Graziani intitolato Cicli e tricicli.
È l'occasione, allora, per riascoltare la sua inconfondibile voce in falsetto o il timbro deciso delle corde della sua Yamaha acustica e ritrovare, in ogni suo testo, la forza libertaria di un grande chitarrista. «Abbandonati se puoi al fiume che va e il passato ritornerà... », prosegue la canzone Soltanto fumo, ma non è soltanto fumo perché i ricordi cantati da Ivan Graziani non svaniscono nell'aria. Rivivono, si fanno memoria, resistono al passaggio del tempo, rinnovano le nostre emozioni. Insomma, nelle canzoni di questo "falco dell'Appennino" non c'è nostalgia del passato, quanto piuttosto un passato che si torna a vivere, come se quel particolarissimo trascorso descritto nel brano fosse vivo nel presente, ritornasse a vivere, più forte della vita presente. Ancora più vivo oggi di ieri. Come si comprende benissimo dal ritornello della canzone Vita, apparsa in Per sempre Ivan, cioè il cd postumo che racchiude in sé tutta l'esistenza di questo grande artista: «Vita, vita e che non si dica che io non ti ho vissuta mai... sei la mia vita, anche diversa ti amerei vita, anche diversa ti amerei...». Si tratta di un ellepì uscito nel 1999 e fortemente voluto da Renato Zero. Ivan Graziani, infatti, mori il l° gennaio del 1997 nella sua casa di Novafeltria, colpito da un male incurabile, lasciando un vuoto artistico tuttora rimasto senza eredi. Ma facciamo un passo indietro. La sua carriera comincia alla fine degli anni Sessanta, ma è dal 1976 che Graziani si impone nel panorama discografico registrando mediamente un album all'anno, a volte anche due, e riscuotendo un successo crescente. Si va dal 1976 con Ballata per quattro stagioni a I lupi, che risale all'anno successivo; da Pigro del 1978 ad Agnese dolce Agnese, sempre dello stesso anno; da Viaggi e intemperie del 1980a Seni e coseni, anno 1981. Ma le emozioni non hanno età e non hanno tempo: «uscito un po' di sole da questo cielo nero, l'inverno cittadino sembra quasi uno straniero ...», è un brano che fa parte del nostro vissuto. E lo abbiamo ascoltato insieme o forse ciascuno per sé: «Agnese dolce Agnese...». A cui si aggiungono le delicate melodie di Lugano addio, Agnese, Firenze (canzone triste), che in quegli anni incontrarono subito il favore popolare e che, ancora oggi, restano tra le canzoni che segnano la colonna sonora della nostra vita perché sono intramontabili. Sono questi brani, infatti, che lo portarono a figurare nelle posizioni alte delle classifiche di vendita dei 45 giri. Tutti i dischi di Ivan Graziani, comunque, si distinguono per l'accuratezza degli arrangiamenti e per la capacità dei testi di evocare situazioni ridicole e personaggi divertenti, ma anche vicende serissime dai risvolti grotteschi ed inquietanti, eppure tutto è sempre amalgamato da uno spirito libertario. Perché Ivan Graziani fu un vero libertario, forse come nessun altro nel panorama musicale italiano. Tanto è vero che, nel maggio del 1990, si presentò alle elezioni per il comune di Teramo insieme a Marco Pannella, Virginio Bettini e l'attrice Maria Grazia Scuccimarra con la lista "Civica, laica e verde". Ivan, si presentò sul palco del comizio di chiusura con Pannella imbracciando la sua inseparabile chitarra. Dopo aver detto poche parole, diede voce alla sua musica e alle sue canzoni. Non c'era nessuno ad accompagnarlo, ma la piazza era davvero gremita e interamente schierata con lui. In quell'occasione improvvisò alcuni suoi pezzi e suonò per circa un'ora per la gioia dei suoi fans. Ivan, Pannella e la Scuccimarra vennero eletti. Graziani restò in carica per qualche mese giusto il tempo per lanciare un suo vecchio progetto: istituire una scuola per cantautori. Ivan Graziani resta uno degli autori di testi più raffinati dell'intero panorama della musica rock italiana, ma rimane sempre "altro e diverso" rispetto allo stile dei suoi colleghi e al momento storico in cui si è ritrovato a vivere e suonare, tanto che non pare aver lasciato eredi. Lo testimonia una delle sue prime e più belle canzoni, Il Campo della Fiera, cioè la piazza di Teramo dove si trovava il negozio di fotografo gestito da suo padre e dove il sabato mattina si tiene il mercato: «Ed io lo storpio sul mio carrettino, canto canzoni e tendo il piattino», con allusione al suo modo dissacrante e ironico di essere musicista. Fuori dagli schemi e da tutte le ipocrisie.
Infatti, sono i finali delle canzoni di Ivan Graziani a caratterizzare i suoi testi, a dare il senso all'intero brano, a offrire il tocco conclusivo che non ti aspetteresti, a mostrare il volto sorridente di una beffa o dell'inganno. In altre parole, Ivan Graziani è stato un chitarrista davvero come pochi, l'unico che potesse permettersi, allo stesso tempo, nel medesimo momento, tocchi di fantasia e di realtà. Come se fantasia e realtà fossero un unico tratto dello stesso accordo musicale e del suo sentimento: «Se la mia chitarra piange dolcemente, stasera non è sera di vedere gente... Agnese, dolce Agnese, color di cioccolata, adesso che ci penso... non ti ho mai baciata».
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