Sondaggi, vola l'astensione Giù Pdl e Pd, bene la Lega

Dalla Rassegna stampa

 

In questo periodo i sondaggi scarseggiano. Almeno, quelli pubblicamente divulgati. Diverso è il discorso su quelli commissionati, ma non destinati alla diffusione: o meglio, sarebbero diffusi, eccome, qualora esprimessero risultati graditi ai committenti. Così non è, perché di dati, favorevoli a quasi tutti i partiti poco si vede, nelle ricerche di mercato che circolano nei palazzi romani e lì si fermano.
Del resto, gli stessi sondaggi pubblicati sono impietosi. Mettendoli a raffronto con quelli riservati, si vede come il Pdl abbia risentito pesantemente sia della scissione, sia delle lacerazioni, sia della prevalenza della politica politicante sulle riforme promesse e inattuate. Se alle elezioni del 2008 il partito di Silvio Berlusconi veleggiava sul 38%, alle europee dell'anno dopo aveva ceduto più di due punti. Oggi, gli ottimisti lo danno sul terzo dell'elettorato; i pessimisti, al 30%, se non sotto.
 
I democratici, che a un terzo dell'elettorato stavano nel 2008 (inglobavano i radicali), sono oggi valutati su poco più di un quarto. Il fatto grave, per le due maggiori formazioni, è che da alquanto tempo non si schiodano da simili prospettive, mentre la stessa popolarità dei principali esponenti scema. Anche il governo, all'evidenza, perde costantemente simpatie. Si dirà che la Lega va bene. È fatto noto, ma ha raggiunto il 12% e non sembra potersi alzare di più, almeno a breve. Come che sia, per Bossi è un motivo più che solido per andare alle urne. Paiono aver fermato la propria ascesa sia l'Udc sia l'Idv: il primo partito, a causa dei dissensi interni e delle incertezze di prospettiva politica; il secondo, per la concorrenza del movimento di Grillo, arrivato secondo molti a superare l'attuale asticella di sbarramento della Camera (cioè il 4%), e della Sel di Nichi Vendola.
Quanto a Fli, non c'è uniformità, però diffusa è la sensazione che anch'esso veleggi oltre lo sbarramento, con un certo margine di sicurezza. Tutti questi dati, attenzione!, si fondano su una comune e negativa caratteristica: l'incertezza sul voto, che ha fatto salire addirittura al 40% degli intervistati la quota di chi non sa come votare ovvero non vuole votare.
Il vero trionfatore dell'odierna fase politica è l'astensionista. Il partito di maggioranza, superiore per seguito al Pdl, è quello che raggruppa incerti e non votanti. Se si abbandona un partito, spesso ci si ritrova senza alcun riferimento politico. Ci sono le eccezioni, come il raggruppamento di lini, che risucchia simpatie (e non solo dal Pdl). In larga misura, però, i partiti, se vogliono fermare le emorragie o, nei casi più felici, rafforzarsi, debbono pescare nel gran mare dei renitenti al voto.
 

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