Soluzioni alla crisi del Paese

Il 46° Congresso del Partito repubblicano è stato presto al centro della ribalta politica. E lo è stato non solo per i riflettori che si sono accesi sulle tracce del premier, di Casini, di Francesco Rutelli, di Marco Pannella. Lo è stato perché si è definita un'intera area politica intorno all'antica bandiera mazziniana. Quando Casini ha detto che non potrà mai fare un' alleanza politica con Vendola, e che il caso Fiat lo dimostra, ebbene, sull'idea di competitività necessaria a rilanciare il sistema industriale la pensa come il Pri, come Sacconi, come Berlusconi, come lo stesso Pannella. È per lo meno curioso che si inseguano formule politiche suggestive prescindendo da una visione comune della realtà. I due giorni serrati di dibattito in casa repubblicana lo hanno dimostrato. Mario Guidazzi chiede al partito di compiere un passo fuori dal governo e lamenta che già tale passo si sarebbe dovuto fare. In verità il Pri non è nel governo e la richiesta di responsabilità avanzata dal segretario del Partito era intesa come un allargamento della maggioranza all'Udc di Casini e non come un volgare reclutamento di deputati. E pure il dibattito congressuale ha posto l'esigenza di un'iniziativa forte del partito per gli anni a venire. Denis Ugolini teme l'irreversibilità della crisi della forma partito, ma è pure scettico verso il terzo polo. Pensa che serva "un polo della nazione" semmai - che non escluda necessariamente Berlusconi - in cui i repubblicani devono recuperare la loro ispirazione storico-politica più caratteristica di iniziativa e progetto.
Ugolini è convinto e riscuote molti applausi quando ricorda che "prima si riforma la Costituzione e poi si fanno le leggi elettorali. E non l'inverso". Una proposta di riforma costituzionale sarebbe soluzione necessaria, considerato anche che al Congresso circolano i testi dei costituenti repubblicani in cui si sottolinea la diversità di approccio ai problemi da parte della tradizione che ci è più propria. Guido Camera aveva giudicato il dibattito sull'immunità parlamentare piuttosto sfocato, visto che non è mai stata soppressa; sono gli equilibri fra magistratura e Parlamento ad essere stati alterati con le modifiche all'articolo 68. Resta una questione sul bipolarismo in quanto tale, collegata alla questione elettorale e ovviamente a quella istituzionale.
Casini nega che si possa più fare una riforma della Giustizia: verrebbe intesa come dettata da un'esigenza personale, e c'è chi sostiene che lo scontro permanente con i magistrati serva a rafforzare il presidente del Consiglio, come dimostrano anche gli ultimi sondaggi. Un'altra caratteristica del Congresso: nessuno pensa più ad una partnership con il Pd. Luciana Sbarbati seduta in prima fila dimostra che quella strada - tentata con tanta determinazione per molti anni - è interrotta. Nessuno ha più voglia ripercorrerla.
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