Solo l'8% degli elettori stima ancora i partiti

Dalla Rassegna stampa

Il governo Monti ha superato il traguardo dei cento giorni. Grazie anche alla larga maggioranza che lo sostiene, l'esecutivo ha attuato una serie di provvedimenti che pochi governi in precedenza avevano potuto o voluto realizzare. Sul piano dell'opinione pubblica, il giudizio è abbastanza positivo: alcune misure sono state più criticate, altre meno, ma la valutazione complessiva dell'operato di Monti e dei suoi colleghi rimane sufficiente per poco più di metà (52%) della popolazione.

È un dato ovviamente inferiore al 61% rilevato all'inizio di dicembre (accade così per la gran parte degli esecutivi, quando scema l'entusiasmo iniziale e si valutano criticamente i provvedimenti concreti presi), ma soddisfacente per Monti, anche se, naturalmente, il presidente del Consiglio deve considerare l'esistenza di quella metà degli italiani che dichiara di disapprovare quanto ha fatto sin qui. Appaiono più favorevoli a Monti .e al suo governo i possessori di titoli di studio più re ancora oggi iniziative autonome, come, ad esempio, la riforma elettorale. I partiti appaiono divisi al loro interno e spesso incapaci di capire che, in molti casi, si possono ottenere più consensi proponendo ed attuando misure impopolari - ma percepite come utili allo sviluppo del Paese - piuttosto che limitandosi a difendere gli interessi consolidati di questa o quella categoria (si veda al riguardo Bosetti su Repubblica del 23/2).

Tutto ciò ha fortemente diminuito la stima degli elettori nei partiti, scesa all'8%, il valore più basso da molto tempo a questa parte, ciò che, di conseguenza, ha notevolmente accentuato l'indecisione sulla forza politica da scegliere in caso di elezioni. Tanto che, alla richiesta di indicare il partito che si voterà, ben il 45% si rifiuta oggi di rispondere: molti intervistati ci dicono «non me ne piace nessuno».

È evidente come tutto ciò limiti fortemente il valore dei dati che emergono nel domandare le mere intenzioni di voto. Si può allora tentare dì aggirare l'ostacolo, chiedendo ai cittadini di esprimersi anche sul voto «potenziale», vale a dire sui partiti «presi in considerazione», al di là della scelta definitiva che si prenderà nelle urne.

Come si vede dalla tabella, anche tra il pubblico potenziale, il Pd resta il maggior partito, con un mercato complessivo (formato dall'insieme di «voti certi» e «prese in considerazione») di quasi il 40% (con - come rileva P. Natale su Europa di venerdì - una attrattività più intensa verso elettori più disponibili alle riforme, anche a quella del mercato del lavoro). Il Pdl sì conferma come il secondo partito, con una quota però di «potenziali» (vale a dire di coloro che lo prendono in considerazione, pur senza avere deciso di votarlo) assai più esigua Esercitano invece una capacità di attrazione potenziale molto maggiore (ma non sarà sempre facile tradurre i voti potenziali in voti «veri») l'Udc e, specialmente, due delle principali forze dì opposizione l'Idv e Sel - che vedono addirittura quasi il 20% dell'elettorato disponibile a considerarle, pur non avendole scelte per il voto.

Nell'insieme, solo circa un terzo (31%) degli italiani risulta già oggi orientato su uno specifico partito da votare. Ciò costituisce il mercato forse impropriamente denominato «sicuro». Una percentuale di poco maggiore (34%) sta invece valutando la scelta tra più partiti e rappresenta dunque un segmento da conquistare.

Infine; un altro 35% non può o non vuole esprimere una preferenza politica, nemmeno potenziale, non indicando dunque nessun partito in assoluto. Si tratta dell'ampio segmento degli «alieni», totalmente distaccati dalla politica, che vede una accentuazione tra donne e anziani.

Proprio costoro rappresentano uno dei problemi maggiori per il consenso delle forze politiche. Uno dei compiti principali nei prossimi mesi dei partiti attuali - o di quelli che, probabilmente, sorgeranno di qui a breve - sarà dunque anche quello di riconquistare l'ampia fetta di italiani che non ha più fiducia in loro e di persuadere quel terzo di indecisi sulla scelta elettorale.

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