Solo Cgil e stampa italiana lo criticano

Dalla Rassegna stampa

Mentre all'estero hanno ben chiara la missione della Fiat, in Italia impazzano le dichiarazioni antigovernative ed anti-Fiat di Susanna Camusso (segretario generale della Cgil). Così mentre la stampa italiana s'appiattisce sulla versione della Cgil, di contro la stampa estera rammenta che la Fiat aveva lanciato (quasi un annetto fa) un ultimatum ai sindacati "perché si impegnino ad accettare di rivedere gli accordi per rendere le fabbriche italiane competitive". In sostanza c'era stata una messa in guardia a sindacati e Confindustria da parte di Marchionne che, proprio dalle pagine di Le Figaro, ha avvisato "il peso della presenza Fiat in Italia è in gioco" e "gli investimenti previsti per l'Italia saranno ridimensionati". Ma se per la stampa italiana la parola chiave è "la Fiat deve concordare con governo e sindacati il proprio piano industriale" (parafrasando la Camusso), per la stampa anglosassone (statunitense) la parola chiave si conferma "competitività". Ed in queste ore rimbomba nuovamente lo storico lancio dell'agenzia americana Bloomberg (poi ripreso sul sito del San Francisco Chronicle) che confermava il piano di produzione di circa 20 miliardi di curo di investimento. Ed ancora i servizi di New York Times e International Herald Tribune che facevano notare quanto sia più facile produrre all'estero che "persuadere le parti sociale italiane a cambiare abitudini di lavoro per un migliore futuro finanziario".

Ecco che l'eco dell'iniziativa Marchionne (quindi Fiat) è stato tempestivamente raccolto dalle Cartiere Paolo Pigna Spa (azienda leader in Italia nel settore cartotecnico, fondata nel 1870). "Le Cartiere Pigna abbandoneranno Confindustria", ha annunciato Giorgio Jannone, presidente e amministratore delegato delle Cartiere Pigna, e Presidente della Commissione Bicamerale di controllo sugli enti previdenziali. Per la stampa estera è ormai un dato acquisito che Confindustria sia ormai in balia d'una crisi di fiducia da parte dell'impresa italiana. Del resto lo stesso Financial Times ha per tutto il 2011 ripetuto più volte che "Marchionne chiede garanzie ai sindacati". Secondo Financial Times “Fiat è il principale datore di lavoro privato in Italia... ma ha sfidato i contratti nazionali concordati tra sindacati e datori di lavoro su retribuzioni e condizioni di lavoro".

Ed i giornali stranieri rammentano che la Fiat "ha ottenuto garanzie di incentivi dal governo serbo". Incentivi e garanzie che l'Italia non più più dare, ecco perché mesi fa la Fiat si lanciava alla conquista del 51 % di Chrysler: Marchionne ha reputato giusta l'opzione sulla quota del Tesoro Usa, piuttosto che continuare a far vivere la Fiat nel limbo italiano. Non dimentichiamo che, in tutti i paesi esteri dove insistono stabilimenti Fiat, vige l'accordo "non si può scioperare", negoziato e siglato anche dal sindacato Usa Uaw. Ed alla domanda della stampa statunitense su un similare accordo in Italia, Marchionne ha risposto "non credo".

Quindi coglie nel segno Francesco Boccia (responsabile delle commissioni economiche del Pd) quando dai microfoni di Radio Radicale afferma "Il problema non è Marchionne che esce da Confindustria ma una evidente crisi della rappresentanza in Italia". "Si tratta di una crisi di rappresentanza delle imprese - spiega Boccia - visto che tutte le associazioni datoriali esistenti rappresentano circa il 20% delle aziende in attività esistenti e nessuna rappresenta gli aspiranti imprenditori. Ma la stessa cosa vale per le organizzazioni sindacali, che rappresentano tutte insieme non più del 30% dei lavoratori e certamente gran parte dei pensionati. E quando si arroccano, come stanno facendo dopo la scelta di Marchionne, - insiste Boccia - ricordano quei partiti che anziché chiedersi dove hanno sbagliato criticano gli elettori che non li hanno scelti". Ergo, solo Radio Radicale ha fornito ieri una lettura obiettiva della vicenda, quando gran parte della stampa italiana s'è messa a rimorchio della Camusso.

E solo il popolo del network Twitter s'è schierato mondialmente (e palesemente) contro l'amministratore delegato della Fiat. Su Twitter piovono anche le critiche sulla strategia industriale del Lingotto, e si afferma "sono 50 anni che vive solo di aiuti statali". Ma Twitter è notoriamente schierato (e su basi ambientaliste) contro la produzione di Suv e contro la grande industria automobilistica: infatti il noto network s'era schierato contro l'accordo Fiat-governo Usa sullo stabilimento Chrysler. Così, almeno per il momento, avrebbe riservato critiche a Marchionne solo la stampa italiana, all'estero l'ad di Fiat gode d'un forte credito.
 

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