Società e politica: le due Italie a rischio collisione

Dalla Rassegna stampa

Siamo un solo Paese? Politici e amministratori viaggiano solidali con i cittadini verso una comune soluzione dei problemi? Proviamo a rispondere unendo tra loro alcuni spunti forniti dalla cronaca degli ultimi giorni e vediamo che disegno ne esce.

19 luglio, Italia. L'intero Paese commemora il ventennale della strage di Via D'Amelio, in cui perse la vita Paolo Borsellino, 56 giorni dopo l'esplosione di Capaci, in cui venne trucidato Giovanni Falcone.

20 luglio, Palermo. L'Assemblea regionale siciliana boccia un emendamento proposto dal Pd per impedire che incarichi pubblici di consulenza vengano affidati a professionisti condannati per mafia.
«È anticostituzionale! si è innocenti fino alla Cassazione!», gridavano i deputati dell'Ars del centro destra e autonomisti, presidente del consiglio regionale in testa. Così, alcuni di loro (inquisiti, ma in attesa del verdetto definitivo) impongono lo scrutinio segreto e con 79 voti contro 72 sanciscono che i soldi pubblici possano andare anche all'area dei potenziali collusi con la mafia.

20 luglio, Milano. Dura condanna nei confronti di 13 imputati del clan calabrese Valle-Lampada, una famiglia trasferitasi ormai 30 anni fa dalla Locride nell'hinterland milanese, trasferendovi metodi e attività tipici del Reggino più oscuro. Una sentenza severa per decine di anni di galera, 13 milioni di beni confiscati, e una risposta del capo della Squadra mobile di Milano, Alessandro Giuliano, che ha condotto le indagini: «Se ci fosse stata maggior collaborazione delle vittime - ha dichiarato al Corriere della Sera - forse si sarebbero ottenuti risultati senza attendere così a lungo».

20 luglio, Palermo. Il presidente di Confindustria Sicilia, Antonello Montante, rilascia al Sole 24 Ore un'intervista nella quale ribadisce l'allarme lanciato dal collega e amico Ivan Lo Bello. «La Regione da sola non ce la farà; serve un intervento straordinario dello Stato», dice Montante. E aggiunge: «Negli ultimi 20 anni c'è stata una gestione scellerata dei fondi, avvenuta con metodi clientelari, una dissipazione di denaro in tutte le direzioni».
Meglio tornare alle urne, anche se è noto che «noi imprenditori non facciamo politica, abbiamo sottoscritto un codice etico che ce lo vieta» .

31 luglio (domani), Palermo. È la data fissata da Raffaele Lombardo per lasciare la poltrona di governatore della Sicilia, visto che durante la sua gestione si è allargata la voragine dei conti della Regione a statuto speciale. Pochi giorni fa, furibondo per le denunce pubbliche della sua gestione, Lombardo aveva detto: «Quegli pseudoindustriali che parlano tanto andassero a morire ammazzati in qualche modo».
Siamo un Paese solo? Unendo tra loro questi pochi punti, se ne ricava piuttosto l'immagine di un'Italia a strati attivi in direzioni diverse. Mentre una faglia più viva e profonda si muove nella direzione perentoriamente indicata dalla crisi - bilanci sostenibili, crescita, occupazione, trasparenza - quella superiore spinge in senso contrario, imbevuta com'è di vecchi vizi elettorali, clientelari, di rendite e prebende, proprio quelli che ci hanno trascinati ben oltre l'orlo del precipizio.
C'è da augurarsi che le faglie, come a volte accade, non entrino violentemente in collisione tra loro.

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