Sms last minute a caccia di elettori esposto contro la lista di Croci

Dalla Rassegna stampa

È l'annosa questione: quali sono i confini della propaganda elettorale? E il "silenzio" imposto ai candidati dalla mezzanotte di venerdì in poi, vale anche per le nuove tecnologie? Dubbi che ieri si sono applicati ad almeno un caso specifico: gli sms elettorali arrivati a diverse persone ieri mattina. Come mittente, sui cellulari, compariva il nome di Edoardo Croci, l'ex assessore della giunta Moratti rientrato nell'orbita del sindaco dopo essere stato "licenziato" per divergenze sulle politiche ambientali.

Croci non è candidato, ma ha dato il suo nome a una lista civica pro-Moratti. Il testo degli sms recita: «Buongiorno. Oggi puoi migliorare la tua città: vota la lista civica "Progetto Milano Migliore - con Edoardo Croci". Barra il simbolo della mela verde! (fai girare)». Un chiaro messaggio elettorale, non gradito a chi l'ha ricevuto, che solleva il problema del mancato rispetto del "silenzio elettorale" disciplinato dalla legge 212 de14 aprile 1956. «Durante il periodo del silenzio - replica Croci - si possono mandare solo sms, mail o simili di tipo privato, ed è quello che io ho fatto, inviando un messaggio ai miei contatti». Sarà, ma almeno tre dei destinatari, Daniela Campolo, Cecilia Fumagalli e Martina Landsberger - che ha presentato un esposto alla polizia - assicurano: «Nessun rapporto né diretto né indiretto con Croci».

Come avrebbe fatto allora l'ex assessore a ottenere quei numeri di cellulare? In comune le tre signore hanno un dato: hanno partecipato alla raccolta firme per i cinque referendum ambientali, lasciando i loro dati personali e di contatto sulle schede degli elenchi di firme. Interpellato sulla questione, Croci assicura: «Escludo in maniera categorica di aver utilizzato i dati referendari. Qualcuno vuole strumentalizzare la vicenda». E rilancia: «Nei giorni scorsi ho letto dichiarazioni di esponenti politici dell'altro campo che tentavano di assumersi la paternità dei quesiti referendari. Che invece sono patrimonio di tutti, anche se materialmente sono scritti da me». Una guerra tra promotori dei quesiti? Marco Cappato, altro "padre" dei referendum, capolista dei Radicali, è cauto sulla vicenda: «I dati personali raccolti per i referendum non possono essere utilizzati per finalità elettorali, il comitato non ha mai dato, né poteva dare, autorizzazioni per il loro utilizzo. Se qualcuno l'avesse fatto sarebbe una violazione della legge». Una questione su cui ora potrebbe essere aperto un fascicolo dalla procura.

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