Smarcati dal Pd ascoltano il premier

“Noi non ci stiamo al giochetto Pd di sacrificare Berlusconi, per salvare tutto il resto della partitocrazia". Per spiegare l'ennesimo strappo radicale all'interno dello schieramento di centro sinistra, dove pure sono stati eletti nel 2008 i sei deputati e tre senatori della attuale legislatura, in fondo basterebbero queste poche parole del deputato Maurizio Turco. O anche la precedente dichiarazione congiunta, sottolineata da Rita Bernardini, in cui si facevano paragoni con i tempi e la figura di Giorgio Almirante, schifato e boicottato in Parlamento ma utilizzato sottobanco anche per eleggere presidenti della Repubblica. La realtà è che ormai i radicali italiani ci stanno assai stretti nei panni degli alleati fantozziani del Pd, ruolo a cui qualcuno di quel partito vorrebbe ridurli. E' come se avessero intuito che il dopo Berlusconi potrebbe persino essere peggio. Nessun accordo infatti da tempo si registra con la "welt und schauung" dei democratici, se si può chiamare così quell'accozaglia di ribellismo e di risentimento che da mesi campeggia sui loro giornali. I radicali (autosospesisi dal Pd) a costo di sentirsi dare per l'ennesima volta dei "socialtraditori" o di attirare le ire della componente cattocomunista della Bindi, sottolineano ad esempio che non si può vendere alla gente la propaganda demagogica sul numero dei parlamentari da ridurre con il rischio di ridurre a zero la rappresentatività di un pugno di prescelti dai segretari di partito, e poi di non dire una parola "sui Cda delle municipalizzate, oltre cinquemila in tutta Italia, che non producono nulla e costano miliardi di curo di stipendi di lottizzati dai partiti, anche dal Pd, e hanno persino provocato il ricorrere ai derivati da parte dei comuni...". Così la vede Maurizio Turco ma così la vedono un po' tutti. E non piace nemmeno il clima da terrorismo fiscale che, già instaurato da Tremonti a dispetto del Cav, rischia di trasformarsi con il governo futuribile delle sinistre, dei tecnici, dei Montezemoli, delle Marcegaglie, in una vera e propria caccia all'uomo con vaghi intenti vendicativi verso i ceti medi che a torto o a ragione hanno votato per il Cav. A questo gioco i radicali ovviamente non ci stanno e la loro posizione in aula ieri era coerente a quella tenuta nel dibattito per l'amnistia, boicottato da quegli stessi deputati del Pd che pure avevano richiesto la convocazione plenaria delle due camere (cosa vista tre volte dal dopoguerra a oggi).
Il Pd di fatto ha anche votato contro ogni mozione radicale sull'amnistia generata dopo un dibattito disertato dolosamente da tutti. Magari con lo scopo inconfessabile di non scontentare il partito dei giudici che a sua volta vuole la testa del Cav. A fronte di tutte queste argomentazioni che oltretutto se passassero sui giornali maggiori darebbero ai radicali ben altra luce nel proprio travagliato confronto con il Pd, oggi c'è da giurarci, si leggerà su qualche quotidiano di sinistra una piccola calunnia che ha anche il sapore di un avvertimento ricattatorio per il futuro post berlusconiano: "si contrappongono a noi e si differenziano perché stanno pensando al rinnovo della convenzione con Radio radicale".
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