Sistema parlamentare e consorti

Nella prima Repubblica i presidenti della Camera venivano scelti sulla base di un criterio di autorevolezza molto alto e opposto al coinvolgimento negli scontri politici dell'epoca. Si richiedeva un profilo più istituzionale che di capo partito, infatti non pochi di loro sono poi divenuti presidenti della Repubblica. Si arrivò a criticare perfino Nilde Jotti per un suo intervento a un congresso del Pci.
Nella seconda Repubblica il criterio è stato diverso fin dall'inizio, con l'incredibile elezione di Irene Pivetti. La presidenza di Luciano Violante nel 1996 sembrò essere un ritorno alla norma, ma se guardiamo l'elenco dei suoi successori - Casini, Bertinotti e Fini - il tratto comune è quello di essere una sequenza di capi partito molto attivi nella battaglia politica, anche da presidenti.
In effetti in un sistema come quello americano i presidenti della Camera sono figure politiche molto marcate e rappresentano al meglio la maggioranza dell'assemblea più che tutti i suoi membri. Ma quello Usa è un sistema presidenziale, non parlamentare come la nostra Costituzione prevede.
In parole povere la radice della muscolosa polemica su Fini sembra nascere da un pasticcio simile al nome del premier sulla scheda elettorale, una sorta di presidenzialismo virtuale sganciato dalla Costituzione e perciò foriero di guai. Di questo farebbero bene a discutere i contendenti, più che delle rispettive mogli. Ma c'è poco da contarci.
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